Tremolo
Tipico degli strumenti ad arco e consiste nella rapida e continua ripetizione della stessa nota. l nome tremolo è usato per abbellimenti diversi a seconda degli strumenti che ne fanno uso. Generalmente consiste nella ripetizione molto rapida di una nota per la durata della nota stessa (a differenza del trillo, in cui si alterna la nota reale con quella superiore).
Questo abbellimento si usa anche nel pianoforte, dove si comporta come un trillo; l’unica differenza sta nel fatto che il tremolo viene usato per salti di terza o più (Do – Mi) mentre il trillo usa solo salti di seconda ascendente.
Il segno grafico del tremolo è dato da tre strisce spesse e oblique. Se si tratta di un tremolo eseguito sulle stessa nota allora il segno sta sul gambo della nota stessa, se il tremolo è eseguito con due note allora il segno si mette tra le due. La notazione antica riguardo al tremolo eseguito con due note prevedeva anche che si mettessero le due note sotto forma di bicordo e poi che si applicasse il segno del tremolo sopra di esso.
Tremoli su note singole
Tremoli su coppie di note
Negli strumenti ad arco consiste nella veloce ripetizione della stessa nota e si ottiene con movimenti molto rapidi dell’arco verso il basso e l’alto. Sempre con gli archi è possibile applicare la tecnica del diteggiato, che consiste nel tremolo applicato a due diverse note ripetute su una stessa corda.
Gli strumenti a tastiera imitano il tremolo degli archi. Il tremolo è simile al trillo e può essere anche qui eseguito su una singola nota o su due note che si ripetono ad un intervallo disgiunto (minimo una terza). Le note rapidamente alternate possono essere singole, bicordi o interi accordi. Il tremolo crea una sonorità piena ed è usato nei brani pianistici per imitare i massicci ripieni orchestrali (specie nelle riduzioni pianistiche e nelle trascrizioni, ma non solo) o per sostenere a lungo un’armonia.
Arpeggio
Esso è rappresentato per mezzo di una linea ondulata posta verticalmente prima dell’accordo abbellito e Indica che le note sono da eseguirsi una dopo l’altra in rapida successione a partire dalla nota a basso; le note arpeggiate devono essere tenute per tutta la durata dell’accordo.
Notazione di accordo
Arpeggio con note mantenute
Il termine arpeggio deriva dalla parola arpa, poiché è un abbellimento derivante dalla tecnica di questo strumento; è utilizzato negli strumenti a tastiera.
L‘arpeggio, anche noto come arpeggiato è un abbellimento che si applica a un accordo, detto quindi arpeggiato o spezzato, in cui le note vengono eseguite in successione più o meno rapida anziché simultaneamente. L’arpeggio si suona generalmente dalla nota più bassa a quella più alta; nel caso occorra suonarlo alla rovescia (viene allora detto rovesciato), ciò può essere indicato da una lineetta trasversale sull’accordo. Nel caso in cui la lineetta sia dal basso verso l’alto, l’andamento dell’arpeggio va dalla nota più grave alla più acuta; viceversa nel caso in cui la lineetta sia dall’alto verso il basso l’andamento dell’arpeggio va dalla nota più acuta alla più grave. Nel caso in cui non sia posto questo segno l’arpeggio può essere eseguito a libera interpretazione di chi lo suona, seguendo generalmente l’andamento della melodia.
Nelle partiture pianistiche se il segno dell’arpeggio si trova su tutti e due i pentagrammi (in chiave di basso e di violino) alla stessa posizione di una certa battuta ci possono essere due tipi di esecuzioni:
- le note dell‘arpeggio devono essere eseguite una dopo l’altra partendo dalla chiave di basso fino a quella di violino (o viceversa) nel caso in cui il segno di arpeggio abbracci tutti e due i pentagrammi senza interrompersi;
- le note dell’arpeggio devono essere eseguite contemporaneamente sia sulla chiave di basso che su quella di violino (in modo ascendente o discendente) nel caso in cui il segno di arpeggio si interrompa tra i due pentagrammi.
Tra le varianti di esecuzione di un accordo, ce ne sono anche alcune riguardanti la durata delle singole note facenti parte dell’accordo. Le note dell’accordo infatti, oltre ad essere eseguite in successione, possono essere anche pizzicate, legate (e quindi non mantenute), o mantenute una dopo l’altra per tutta la durata dell’accordo. In genere se quest’ultima risoluzione ha una certa importanza l’autore lo specifica realizzando le note dell’accordo con legature di valore che si trascinano fino all’ultima nota.
Ulteriori informazioni → http://antoniopisacane.com/glossario-musicale/a/arpeggio/
Glissando
Questo effetto viene rappresentato con una linea ondulata posta diagonalmente fra due note di altezze diverse; è tipico degli strumenti senza tasti (archi e tromboni) e consiste nell’esecuzione di una rapidissima scala (sia essa cromatica o diatonica).
Notazione di glissando
Il glissando o glissato consiste nell’innalzamento o nell’abbassamento costante e progressivo dell’altezza di un suono, ottenuto a seconda dei vari strumenti in diversa maniera.
Il glissando viene segnato facendo seguire alla nota iniziale una linea nella direzione voluta e corredata spesso dall’abbreviazione gliss.; a volte è utilizzata una linea a serpentina. Nella notazione per voce, inizialmente fu utilizzata una legatura non dissimile dalle legature di frase, ma limitata a due note adiacenti di altezze diverse.
Il glissando propriamente detto è quello che può produrre la voce umana, uno strumento ad arco come il violino (facendo strisciare il dito su una corda o il trombone a coulisse; in questo caso, infatti, non si percepisce il passaggio fra le note perché la transizione avviene senza soluzione di continuità. Spesso, però, il termine glissando si applica anche ad alcuni effetti che vi si avvicinano, come quelli ottenibili con gli ottoni o anche con l’arpa e con i cordofoni a tasto. In realtà, l’arpa o il pianoforte non permettono di eseguire un “vero” glissando, dato che essi possono produrre solo note con intervalli (toni e semitoni) predefiniti. Gli strumenti a tastiera (tipo il pianoforte) adoperano questo abbellimento lasciando scivolare l’unghia del dito medio sui tasti in sequenza ascendente o discendente; inoltre gli strumenti a tastiera possono anche eseguire due glissandi contemporaneamente data la naturale propensione all’utilizzo delle due voci.
Ecco a seguire alcuni esempi illustrati dei glissando, si ricorda che i valori dati all’abbellimento sono puramente indicativi, questo perché l’esatta durata non è quantificabile e varia in base all’agogica del brano e allo strumento adoperato.
Ulteriori informazioni consulta: Glissando.
Cadenza.
Il termine cadenza, nella sua accezione di abbellimento, è usato per esprimere una successione veloce di note di uno o più accordi, dal carattere virtuosistico, che vengono eseguite solitamente prima della chiusura del brano.
La cadenza è una formula armonico-melodica che conclude un discorso musicale, sia questo una frase o una composizione. Consiste solitamente nella successione di due o più accordi. Nel linguaggio musicale le cadenze hanno un ruolo per certi versi paragonabile a quello della punteggiatura nell’espressione verbale.
La grafia delle note è a caratteri piccoli e l’esecuzione è liberamente interpretata dal suonatore. Può essere considerata simile alla fioritura in quanto rappresenta un riempimento tra una nota o un accordo e la nota o accordo successivo; può essere usata anche come abbellimento eseguito in contemporanea con un accordo alle ultime battute finali di un brano fino alla sua definitiva conclusione. Oltre che per mettere in risalto le doti tecniche di un cantante o di uno strumentista, la cadenza serviva anche per rallentare un brano, per creare una sorta di pausa all’interno di una composizione
Varie tipi di cadenze
Le cadenze si possono suddividere in varie specie, a seconda della posizione in cui si trovano entro la frase musicale – che ne determinerà la funzione armonico-melodica – e a seconda della loro risoluzione che può concludersi sul primo, terzo o quinto grado.
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Cadenza autentica perfetta o imperfetta
I gradi più importanti per la definizione della tonalità di un brano sono il V ed il I (la sensibile dell’accordo di dominante deve risolvere sempre sulla tonica, dando un accentuato senso di conclusione). La loro successione dà origine alla formula di cadenza più nota: la cadenza autentica. Le cadenze autentiche possono essere ulteriormente suddivise in perfette o imperfette, a seconda del loro grado di “perfezione”, cioè di conclusività: le cadenze perfette sono quelle che terminano con la nota tonica al soprano; se, invece, la cadenza conclude con la terza o la quinta della triade di tonica, essa si dice imperfetta.
La formula della cadenza autentica (V-I) può essere estesa includendo il IV od il II grado (sia nello stato fondamentale, che in primo rivolto) ed inserendo anche la quarta e sesta di cadenza in funzione di appoggiatura doppia sull’accordo di dominante. In base a ciò si possono avere due formule assai forti dal punto di vista armonico:
- II-I (in secondo rivolto)-V-I
- IV-I (in secondo rivolto)-V-I
Altre formule usabili sono:
- IV-V-I
- II-V-I
Tre formule meno comuni sono:
- VI-V-I
- III-V-I
- I-V-I
L’accordo di tonica conclusivo, volendo, può essere ornato tramite un’appoggiatura o un ritardo. Un’altra variante consiste nel prolungare l’accordo di dominante mentre il basso intona la tonica, sia fungendo come appoggiatura, sia per permettere una risoluzione più in là.
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Cadenza evitata
La cadenza evitata presuppone una modulazione e si verifica quando il V di una tonalità passa al V di una nuova tonalità. Da qui il nome di cadenza evitata, dato che il V “evita” la risoluzione al I grado per passare direttamente al V di una nuova tonalità. Questo tipo di cadenza crea una sonorità imprevedibile ed una forte sensazione di movimento alla ricerca di una risoluzione conclusiva.
Esempio di cadenza imperfetta (V-I in primo rivolto)
A differenza della cadenza autentica imperfetta, la cadenza evitata non è in grado di concludere un brano.
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Cadenza sospesa
La cadenza sospesa è quella che termina sull’accordo di dominante allo stato fondamentale; rispetto alla precedente indica una pausa debole, temporanea.
Il più delle volte il V grado è preceduto dal IV o dal II, ma anche dal I (utile l’uso della quarta e sesta di cadenza come elemento sottolineativo) o dal VI.
Esempio di cadenza sospesa (I-V)
Spesso la cadenza sospesa è utilizzata in caso si abbiano due frasi musicali parallele (ad anche due periodi tra loro diversi); in tal caso la prima frase chiude con la cadenza sospesa e la seconda con quella autentica.
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Cadenza plagale
Consiste nell’uso della successione IV-I e spesso si usa dopo una cadenza autentica per marcarne ancora di più il ruolo conclusivo, ma può anche essere inserita da sola. Può essere preceduta dal VI o dal I grado.
Esempio di cadenza plagale (IV-I)
A conclusione di un brano in tonalità maggiore, il IV grado può venir anche utilizzato nella sua forma minore e ciò serve a conferire una coloratura molto particolare.
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Cadenza d’inganno
Si basa sulla cadenza perfetta ma, in luogo del finale di I grado, ne viene utilizzato un altro; in base a ciò possono esistere molte cadenze d’inganno con differente efficacia. La tonalità non è smarrita, in quanto è sufficiente l’accordo di dominante per definirla appieno (ed anzi, nella cadenza plagale, la definizione tonale è assai incisiva). La progressione più nota è quella V-VI, che conferisce un forte senso di sorpresa.
Esempio di cadenza d’inganno (V-VI)
Una cadenza d’inganno crea un momento di sospensione, che determina un aumento d’interesse verso la composizione, in quanto la sensazione di una conclusione è disattesa. Inoltre fa sì che il compositore possa aggiungere una o due frasi che concludano il tutto.
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Cadenza frigia
Si tratta di una cadenza tipicamente barocca, che consiste nella progressione, in un brano di tonalità minore, IV (in primo rivolto)-V, ove quest’ultimo è alterato; in genere è usata come conclusione di un movimento lento.
Esempio di cadenza frigia (IV in primo rivolto-V)
Il nome deriva dal movimento discendente di un semitono del basso, che si ritiene sia una derivazione dalle cadenze, di tipo II-I, della musica medioevale nel modo frigio.
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Cadenza imperfetta
La cadenza imperfetta è caratterizzata dalla presenza della progressione V-I, in cui il I grado o il V sono allo stato di rivolto. Ciò determina la perdita di parte del carattere conclusivo della cadenza autentica, indicando una pausa solo transitoria. In questi casi, in effetti, la conclusione arriva successivamente.
Esempio di cadenza imperfetta
Un effetto poco conclusivo lo si può anche ottenere, volendo, utilizzando l’accordo di tonica allo stato fondamentale, ma facendo cantare al soprano la 3a mediante.
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Cadenze in battere o in levare
Questa differenziazione si basa sul tempo in cui cade l’ultimo accordo della cadenza: se si tratta di un tempo forte, si ha la cadenza in battere, altrimenti si ha una cadenza in levare.
Esempio di cadenza (perfetta) in battere
Esempio di cadenza in levare
Ogni tipo di cadenza armonica può essere sia in battere, che in levare.
Ulteriori informazioni→ http://antoniopisacane.com/glossario-musicale/b-c/cadenza-canone/
Fioritura
Fioritura dal concerto in Fa minore di Fryderyk Chopin
La fioritura è una successione di note veloci, che non di rado contengono passaggi cromatici, inserita in qualsiasi punto del brano. Le note della fioritura sono più piccole e sono eseguite quasi improvvisando, senza rigide regole ritmiche. Essa è rappresentata da un gruppo di note che viene inserito come “ornamento” all’interno di un brano con il fine di arricchirne l’esecuzione.
L’origine della parola deriva probabilmente da florificatio vocis, da cui derivano anche il contrappunto fiorito e lo stile fiorito..
La fioritura può presentarsi come:
- una variazione alla melodia che la precede;
- una nuova melodia autonoma;
- un passaggio ornamentale tra la melodia precedente e quella successiva (un inframezzo per congiungere due note distanti tra loro, o ancora per congiungere due melodie)
Esempi di fioriture :
Notturno in B -maggiore Op 62, No 1 di Chopin
Notturno in B maggiore Op 62, No 1 di Chopin
Etiude in C minore Op 25,No 7 di Chopin
Preludio in D minore Op 28,No24 di Chopin