-
Breve storia
Il notturno è un brano scritto in forma libera, tipico dell’epoca romantica. È composto da un unico movimento e solitamente è destinato al pianoforte solista. Ha un tempo lento e moderato e un carattere dolce e sognante, raccolto e malinconico, che evoca le atmosfere della notte.
Nei secoli XVIII-XIX il tema del notturno coinvolge anche la musica, e il notturno si afferma anche come genere musicale. Inizialmente col termine di musica notturna si designano semplicemente delle composizioni destinate a essere eseguite di notte e di prima mattina, senza nessuna allusione a particolari caratteristiche formali che contraddistinguano questi brani.
Nell’ambito della music a descrittiva Settecentesca va citato il Concerto per flauto, archi e basso continuo RV 439 di Antonio Vivaldi (contenuto nell Op.X, pubblicata ad Amsterdam nel 1729), intitolato appunto La Notte.
Fu Mozart il primo a usare il termine Nachtstücke (Brani notturni) ed è celebre la sua Kleine Nachtmusik (Piccola musica notturna) per quintetto d’archi (K 525, del 1787).
Romanticismo e notturno
Con il Romanticismo il titolo di notturno identifica una composizione particolare, generalmente di ritmo sostenuto e dalla melodia piana e cantabile, che si prefigge di evocare un’atmosfera rarefatta e sognante. Lo svilupparsi del notturno come genere musicale procede di pari passo con l’affermarsi della musica a programma, capace cioè di evocare atmosfere particolari o addirittura di descrivere in modo appropriato situazioni o avvenimenti.
Il primo grande compositore di notturni e inventore del notturno per pianoforte fu pianista irlandese John Field (1782-1837), autore di 16 o 17 notturni, vissuto fra Settecento e Ottocento, nonché allievo di Clementi. Il conto esatto è difficile, perché spesso l’autore ci ha lasciato di una medesima composizione più versioni, tanto diverse fra loro da poter essere considerate ciascuna come un brano autonomo: in realtà il Field diede il titolo di Notturno solamente a dodici di queste composizioni, mentre le altre sono qualificate come Romances o in altro modo. Egli si può considerare il padre dei notturni: composizioni per pianoforte di carattere cantabile, con melodie ispirate al belcanto italiano e di andamento tranquillo. Esse sono per lo più opere in un’unica sezione monotematica, in forma di una monodia accompagnata.
Il più famoso compositore di questa forma musicale è Fryderyk Chopin (1810 – 1848), che ne scrive ventuno. In queste brevi composizioni egli riesce a ricreare con il pianoforte la leggerezza e la delicatezza del canto di un soprano. Il riferimento al canto è essenziale per comprendere le opere per pianoforte di Chopin, in cui il compositore è capace di esprimere tutte le sfumature dall’anima, proprio come il canto della voce umana.
Notturno op. 9n. 2
Il Notturno op.9 n. 2 è una composizione fra le più celebri della storia della musica. Esso è caratterizzato da un accompagnamento sempre uguale, morbido e discreto (affidato alla mano sinistra che esegue le note più gravi), e da un canto molto delicato (affidato alla mano destra che esegue le note più acute).
Ascoltando l’intero brano ci accorgiamo che Chopin ritorna a spesso sulla stessa melodia, ma la rende ogni volta più preziosa e interessante con una serie di abbellimenti tipici della sua scrittura per pianoforte.
Ecco infatti come si presenta la melodia quando compare per l’ultima volta (sono evidenziate le note uguali alla versione iniziale; tenete conto però che non tutte le note della versione iniziale sono presenti):
Il brano procede su un percorso lineare fin quasi alla fine poi improvvisamente la linea melodica si impenna, diventa più energica e drammatica. È il punto in cui il brano tocca il vernice dell’emozione, poi, attraverso una serie di trilli velocissimi, torna alla calma e alla delicatezza dell’inizio, concludendosi in morbidi accordi.
Spartito – Notturno op. 9 n°2
-
1. Della forma
Nella terminologia musicale, la forma di una composizione è la costruzione con cui essa si articola e che ne rivela le suddivisioni, la successione, lo svolgimento di temi, strutture ritmiche e armoniche. La espressione non va confusa col genere musicale, termine più ampio che genera una composizione secondo la tradizione cui appartiene e le convenzioni che la definiscono.
Tuttavia il concetto sostanziale di forma (la quale etimologicamente significa «figura», «foggia», «fattezza di corpo») persiste sempre la sincronismo dei diversi elementi costituenti l’opera d’arte in un tutto conforme. Per tanto, prima di potere analizzare le varie forme musicali, sia anche da un punto di vista solamente tecnico-costruttivo, è indispensabile avere una conoscenza dei loro elementi costitutivi fondamentali.
Il linguaggio della musica si articola in maniera molto simile a quello verbale ha:
- una scrittura e delle regole grammaticali (notazione),
- una realizzazione sonora attraverso voci e strumenti,
- una capacità espressiva forse anche superiore a quella dello stesso linguaggio verbale.
Il linguaggio della musica è pieno di “significati”, è organizzato in frasi, ovvero in “idee musicali”(o temi), che si succedono e si ripetono secondo schemi costruttivi diversi, nati nel corso dei secoli. Questi schemi costruttivi sono le forme musicali e sono alla base di grandi creazioni.
La forma musicale è la struttura di un brano, cioè il modo in cui sono organizzati le frasi e i periodi. A ogni particolare struttura corrisponde un determinato nome: “Ballata” , “Sinfonia” , “Concerto” , “Sonata” ecc.
2. Elementi tecnici ed estetici della forma musicale
Per tonalità s’intende quella determinata condizione che evidenzia ad unità i suoni d’una scala, in virtù dell’interesse che ognuno di essi esercita o subisce a seconda della posizione che occupa nell’ordine della scala stessa.Nella musica ogni brano è composto in base al sistema tonale, cioè a partire da un sistema di regole centrate sulla relazione fra le altezze delle note di una scala musicale diatonica rispetto alla tonica della scala stessa, che rappresenta da nota fondamentale e centro di corrispondenza di quel particolare brano.
Prima di tutto è necessario dare una spiegazione: le tonalità si distinguono in due grandissimi gruppi:
- Tonalità maggiori
- Tonalità minori.
La tonalità è definita dal tono e dal modo. Per esempio, la tonalità di Do maggiore è data dal tono Do e dal modo maggiore (per allargamento, si usa alle volte il termine tono in luogo di tonalità; ad esempio, si può anche dire di tono di Do maggiore).
- Per tono s’intende l’ambito tonale, l’ottava nella quale si svolge la scala. Esso perciò è stabilito dalla nota iniziale della scala, base di tutta la struttura tonale, che si chiama tonica o fondamentale della scala.
- Per modo s’intende lo schema, l’ordine di successione dei suoni della scala in riferimento ai loro reciproci rapporti di distanza. Essi, come abbiamo detto, sono fondamentalmente due: il maggiore → tonalità maggiore e il minore → tonalità minore.
La scala si distingue anzitutto in:
- diatonica – quando è formata di toni e semitoni come la successione dei sette suoni naturali;
- cromatica o semitonale – quando è costituita dalla successione di tutti i 12 semitoni contenuti nell’ottava.
Per ulteriori informazioni consulta ➡️ Armatura di chiave , Circolo delle quinte , Giro armonico Gradi, Appunti di armonia.
2. Melodia
La melodia è una qualunque successione ritmica di note singole, atta ad esprimere un pensiero musicale. La caratteristica di una melodia, confidata a una voce o a uno strumento, è quella di essere facilmente riconoscibile all’interno della struttura compositiva. La melodia nata per il canto ha sempre conservato lo spirito della sua tradizionale vocalità, molto spesso anche nelle forme strumentali.
3. Armonia ( Accordo – Intervallo)
Per ulteriori informazioni consulta ➡️ Appunti di armonia 1, Appunti di armonia 2, Gli accordi (parte 1), Gli accordi ( parte 2), Armonizzazione della scala maggiore: il procedimento, Giri armonici, Accordo
4. Discorso musicale
Come nel linguaggio parlato il discorso nasce dalla coordinazione logica di parole atte ad esprimere il nostro pensiero, così in musica esso nasce dalla coordinazione di elementi ritmici, armonici e melodici – vari fra loro per grandezza (estensione metrica) e compiutezza d’idea (funzione logica) – atti ad esprimere il pensiero dell’artista creatore
Ulteriori informazioni consulta ➡️ Il discorso musicale, Frase musicale.
Esempi di forme musicali
Il criterio che ci permette di individuare le parti di un brano musicale è basato sulla capacità di distinguere ciò che è uguale da ciò che diverso o da ciò che è somigliante. Generalmente, per schematizzare la forma di un brano musicale si usano le lettere dell’alfabeto maiuscole (per i periodi) e minuscole (per le frasi). A episodi uguali corrispondono lettere uguali, a episodi diversi lettere diverse, mentre per gli episodi somiglianti si useranno lettere con degli apici in alto a destra:
- un, unica parte che si ripete più volte: A A A;
- parti completamente diverse: A B C;
- parti somiglianti, cioè con variazioni rispetto all’idea originaria: A A’ A” A”’.
Volendo invece schematizzare la struttura interna di una singola parte segneremo con le lettere minuscole le frasi da cui essa è composta (lettere uguali corrispondono a frasi uguali).
Forma può essere:
- monopartita, quando si ha un solo tema che si ripete più volte;
- bipartita, quando si hanno due temi che contrastano fra loro;
- tripartita, quando si riscontra una simmetria fra contrasto e riproposizione dei temi;
- polifonica, quando alcuni temi interagiscono e si sovrappongono fra di loro;
- semplice, se prevedono un’organizzazione lineare delle parti del brano;
- complessa, quando ha una struttura a più tempi, a più movimenti, ma sono sempre caratterizzati da un disegno unitario che lega tra loro le varie parti, che costituisce un insieme di regole, che il compositore deve rispettare nella stesura complessiva dell’opera;
- aggregativa; quando la suddivisione in più tempi non segue le regole di un disegno unitario e in cui troviamo una successione di brani diversi, ciascuno dei quali è una composizione a se stante che può essere eseguita anche da sola;
- narrativa, quando un compositore si serve di un brano musicale per “raccontare qualcosa”.
- libera, come quando l’autore non segue alcuno schema codificato – la distruzione delle regole formali;
Forma monopartita
È la più semplice struttura musicale e prevede un solo tema che si ripete diverse volte. Un esempio classico di questa forma è la Ballata, nella quale ad un testo musicale sempre uguale corrispondono strofe di testo diverso. La Ballata è piuttosto una forma di canto narrativo. Nelle Ballate il numero delle strofe non è fisso, perché si adegua alla lunghezza del testo.
Forma bipartita
Da quanto detto possiamo dedurre che la ripetizione, identica o variata, e il contrasto, cioè la diversità, sono i due principi basilari su cui poggiano le forme musicali. Generalmente le danze strumentali (soprattutto nelle danze quali la gavotta e la giga), quei brani musicali destinati alla danza sono costruite seguendo tali principi, ripetizione e contrasto, assumendo una forma bipartita, cioè divisa in due parti diverse Questa forma è composta da due temi, chiamati A e B. Anche le canzoni dei nostri giorni si possono assimilare a questa forma in quanto sono per lo più costituite da una strofa e da un ritornello. Consiste anche in uno spostamento di tonalità, che crea una sorta di contrasto.
Forma tripartita
La struttura di una composizione in forma tripartita è molto semplice poiché presenta due temi principali A e B (bitematica) ed è divisa in tre parti perfettamente simmetriche. Nella prima parte (A) il tema (una frase o un periodo) è ripetuto due volte, ma con intensità diversa. Nella parte centrale è presente un nuovo tema (B) e la terza parte (A) è una ripetizione fedele della prima. La forma tripartita è una delle più frequenti forme musicali, si basa sullo schema A B A, in cui al primo elemento musicale segue il secondo e quindi la ripresa del primo. Un esempio classico di forma tripartita è Minuetto. Il Minuetto è un’antica danza francese in tempo ternario introdotta da Giambattista Lully alla corte del re Luigi XVII secolo.
Forme basate sull’organico.
Le composizioni musicali assumono nomi diversi a seconda del numero di esecutori che le interpretano:
- Duo, Trio, Quartetto, Quintetto ecc.
- Sonata: interpretata da uno o due solisti
- Concerto: uno o più solisti con l’intera orchestra
- Sinfonia: un’intera orchestra sinfonia.
Forma polifonica
Nella forma polifonica le melodie (o “voci”) si sovrappongono in contrappunto. Uno dei principi fondamentali che sorregge le costruzioni polifoniche è il principio dell’imitazione: uno strumento propone un tema, cioè una frase principale, e gli altri strumenti “entrano” successivamente a intervalli ravvicinati suonando, cioè “imitando”, lo stesso tema. Questo procedimento crea un effetto di dialogo, di inseguimento sonoro molto caratteristico: in tal caso l’imitazione è detta per moto retto. L’imitazione può essere effettuata per moto contrario a specchio, se una seconda voce imita lo stesso disegno melodico, ma capovolgendolo; o per moto retrogrado, quando la seconda voce esegue la melodia iniziandola dall’ultima nota e procedendo all’indietro fino ad arrivare alla prima nota Una delle forme polifoniche più conosciute è la Fuga, che Johann Sebastian Bach ha portato a livelli di estrema complessità e perfezione. È composta da più parti (da due a cinque) che entrano in momenti diversi e si sovrappongono fra di loro. Anche il Canone è una forma vocale e strumentale basata sul principio dell’imitazione, è una forma polifonica.
Forma semplice
La forma semplice è un’organizzazione lineare dei suoni. Nel Settecento e nei primi decenni dell’Ottocento era molto in uso presso i musicisti comporre musica nella forma di Tema e variazioni. Forma essenzialmente monopartita basata sul principio della ripetizione variata. Si partiva da un tema, cioè da una melodia, e lo si ripeteva tante volte trasformandone ogni volta uno o più aspetti: ritmo, melodia, armonia, velocità, dinamica, timbri ecc. Le forme semplici sono: Tema e variazioni, Minuetto, Rondo, Canzone.
Forma complessa
La forma complessa ha una struttura a più tempi, a più movimenti, ma sono sempre caratterizzati da un disegno unitario che lega tra loro le varie parti, che costituisce un insieme di regole, che il compositore deve rispettare nella stesura complessiva dell’opera. Conosciamo forme complesse Sonata, Sinfonia, Concerto.
Forma aggregativa
La forma aggregativa una forma compositiva nella quale la suddivisione in più tempi non segue le regole di un disegno unitario e in cui troviamo una semplice aggregazione, una successione di brani diversi, ciascuno dei quali è una composizione a se stante che può essere eseguita anche da sola. La forma aggregativa più usata a partire dall’Ottocento è la Suite, cioè una raccolta , una successione di pezzi musicali diversi, che hanno però una medesima destinazione o un filo logico che li unisce. La Suite può essere paragonata a una serie di racconti dello stesso autore riuniti sotto un solo titolo. Le Suite di questo tipo, detta moderna per distinguerla da quella classica, riunisce generalmente i brani più celebri tratti da opere musicali molto lunghe, ad esempio opere liriche, musiche di scena e balletti.
Forma narrativa
Quando un compositore modella la forma della composizione adattandola agli “episodi” del suo racconto, creando così una nuova forma, diversa dalle forme strutturate che abbiamo conosciuto prima. Questa nuova forma che possiamo definire narrativa, presenta quasi sempre uno svolgimento privo di interruzioni, cioè è in un solo movimento, e discende da un tipo di composizione per orchestra a contenuto programmatico, che nell’Ottocento fu inventata e usata per la prima volta dal Franz Liszt, il quale la chiamò Poema sinfonico. Posiamo immaginare il Poema sinfonico come una Sinfonia che si è liberata dal suo vestito un po’ stretto (la forma) per giocare liberamente con le note e con i timbri orchestrali senza preoccuparsi troppo delle regole. Esso si ispira generalmente ad argomenti letterali, poetici, pittorici, storici e anche autobiografici: è insomma, una Sinfonia che vuole raccontarci qualcosa servendosi dell’orchestra. La sua forma è piuttosto libera, caratterizzata da elementi timbrici d’effetto e da motivi ricorrenti che evocano situazioni o personaggi.
Altri brani orchestrali affini al Poema sinfonico sono:
- lo Schizzo sinfonico più breve e conciso nella trattazione dei temi;
- il Quadro sinfonico con intendimenti più descrittivi e pittorici;
- la Fiaba sinfonica composizione a contenuto favolistico e con una voce recitante;
- lo Scherzo sinfonico come il Poema sinfonico, ma ispirato a storie o a personaggi divertenti e quindi di contenuto umoristico.
Forma libera – Forma senza forma
Se il Poema sinfonico può essere immaginato come un grande contenitore la cui forma si plasma di volta in volta sulla storia che vuole narrare, altrettanto non si può fare con composizioni, ancora più libere e svincolate da schemi prestabiliti. Queste composizioni:
- non possono rientrare tra le forme narrative perché non hanno contenuti extramusicali così evidenti.
- si affermano contemporaneamente al Poema sinfonico e hanno titoli bizzarri e fantasiosi che fanno intendere una grande libertà formale: Notturno, Capriccio, Scherzo, Improvviso, Rapsodia, Fantasia ecc.
Queste espressioni appartengono al Romanticisimo musicale, che fu caratterizzato da una grande voglia di rinnovamento basata sulla distruzione delle regole formali. Nelle composizioni romantiche il contenuto è considerato più importante del “contenitore” ( la forma) perciò il musicista rompe con le forme classiche. Il compositore distrugge le forme classiche, le reinventa a suo piacimento senza preoccuparsi di sfoggiare la sua abilità tecnica quanto piuttosto di esprimere se stesso e propri sentimenti.
Questa tendenza si è andata ancor più accentuando nel Novecento. Con la musica sperimentale e d’avanguardia si è giunti fino alla distruzione non solo della forma ma anche dei codici musicali (notazione, tonalità, ritmo, armonia ecc.)
Principali composizioni con cui musicisti cominciarono a distruggere le regole
Il diverso atteggiamento creativo che caratterizza le forme libere rispetto alle forme classiche è essenzialmente questo:
- Il compositore romantico scrive della musica per esprimere la sua realtà umana (sentimenti, speranze, ideali) e lasca che la forma si sviluppi liberamente.
- Il compositore classico, prima di scrivere la musica, decide preliminarmente quale forma essa avrà (Sonata, Minuetto, Rondò ecc.)
Forme libere:
- Improvviso: è un breve pezzo per pianoforte che dà un’impressione di improvvisazione estemporanea, cioè sembra inventato sul momento. È in forma libera e spesso è a carattere virtuosistico, molto veloce e tecnicamente difficile. Sono famosi gli Improvvisi di Chopin e di Schubert.
- Fantasia: anticamente il termine indicava una composizione polifonica basata sull’improvvisazione . Nell’Ottocento indicò u brano con uno svolgimento libero basato sull’immaginazione del compositore. I tempi si alternavano liberamente, intrecciando due o più temi diversi. Famose le Fantasie di Chopin, di Schumann.
- Scherzo: nel periodo classico aveva una forma rigorosamente tripartita e poteva essere inserito come terzo tempo nella Sinfonia, al posto di Minuetto. Chopin lo trasformò in una forma libera e pervasa di accenti drammatici senza nulla di scherzoso.
- Capriccio: nel Seicento era un tipo di composizione improvvisata ed estrosa. Nel Settecento e nell’Ottocento il termine fu usato per designare composizioni virtuosistiche, libere da schemi formali vagamente umoristiche. Famose i Capricci per violino di Paganini e il Capriccio italiano di Cajkovskij.
- Notturno: è una composizione per pianoforte creata nel periodo romantico dal musicista inglese John Field, ma divenuta famosa con Chopin. Ha svolgimento melodico ed espressione indefinita simile a un sogno, a volte calmo e sereno e volte interrotto da visioni tormentate e dolorose.
- Foglio d’album: è un breve pezzo di musica che aspira a essere una sorta di “pagina di diario” da tenere insieme ai ricordi più cari. La sua forma dipende totalmente dal gusto e dalla fantasia del compositore. Famosi il Foglio d’album Per Elisa di Beethoven e i 20 Fogli d’album di Schumann.
- Rapsodia: nell’antica Grecia era una composizione musicata e recitata da cantastorie girovaghi, i rapsodi. Nell’Ottocento indicò invece un brano strumentale libero da schemi e composto su motivi popolari, per revocare sentimenti patriottici. Sono famose le 19 Rapsodie ungheresi di Liszt.
Le composizioni musicali si possono distinguere anche:
- per il loro genere, ossia per la loro destinazione d’ambiente, in:
- sacre o liturgiche (quelle adibite ai riti religiosi, es. Le Messe, i Mottetti, i Salmi, ecc.);
- da camera – classiche – ( quelle destinate in particolare ai concerti, es. Quartetti, Sonate, ecc.);
- teatrali (quelle destinate alla scena, es. Melodrammi, Balletti);
- popolari (quelle a carattere popolare, es. Canzoni, Ballabili); ecc.
- per il loro contenuto espressivo, in riferimento ai diversi sviluppi e orientamenti estetici dell’arte musicale, in:
- classiche (quelle ispirate al al classicismo – dottrina che, rifuggendo dall’importanza del sentimento patetico, considerava come scopo assoluto della creazione artistica la purezza della forma .(Es. le composizioni di Mozart);
- romantiche (quelle influenzate al romanticismo – dottrina che, al contrario del classicismo, metteva al centro di ogni creazione artistica l’ispirazione tratta dal sentimento patetico.( Es. le composizioni di Chopin, di Schumann, di Schubert, ecc.);
-
La fuga – una composizione polifonica
Composizione polifonica, per voci o strumenti, basata sull’imitazione, e precisamente sul rincorrersi di due temi fondamentali (uno principale, detto soggetto, e uno di accompagnamento, detto controsoggetto) che passano di voce in voce a distanze prestabilite e secondo determinate regole tonali. Ogni ciclo di entrate è diviso dall’altro da un piccolo sviluppo tematico (che varia di volta in volta) detto divertimento. Termina con lo stretto (o gli stretti) in cui le distanze che separano le entrate delle voci nell’esecuzione dei suddetti temi circolanti, vengono sempre più ravvicinate, modificando talvolta anche la figurazione dei temi stessi (soggetto e controsoggetto) per aggravamento o per diminuzione.
Struttura
La fuga è convenzionalmente divisa secondo tre sezioni:
- esposizione,
- sezione centrale – sviluppo,
- sezione finale – coda.
L’esposizione è la prima parte della fuga, nella quale il soggetto viene presentato una o più volte in ciascuna parte (o voce) e, di seguito, il controsoggetto.
All’esposizione tien dietro la sezione centrale, nella quale spesso si introduce un divertimento (libere elaborazioni dei temi dell’esposizione) o riesposizioni (riprese del soggetto solitamente accompagnato dal controsoggetto). La sezione centrale in generale è arricchita dall’impiego di varie modulazioni, quali ad esempio alla tonalità relativa, alla sottodominante, o alla dominante. In questa sezione è abbastanza comune far tacere a lungo una o più voci. Questi silenzi servono a far risaltare maggiormente la nuova entrata del soggetto.
Si considera spesso il momento in cui il soggetto ricompare in tonica (sulla tonalità base) come l’inizio della sezione finale, quella che porta al culmine l’intera fuga.
- Il coronamento finale della fuga ( di qualunque altra composizione musicale) avviene di solito aggiungendo alla struttura principale, qualche battuta in più con lo scopo di concludere l’intero pezzo in modo più convincente; tale è la funzione della coda. Comunemente nella coda possiamo avere:
- il pedale (la nota pedale) è una lunga nota tenuta dalla voce più grave, su cui si riascolta per l’ultima volta il soggetto, accompagnato dal contrasoggetto o da parti libere. La nota pedale si trova generalmente proprio alla fine di una fuga con funzione di sezione cadenzante;
- gli stretti sono una serie di ripetizioni ravvicinate del soggetto eseguite dalle varie voci. Lo stretto si ha quando l’entrata della risposta avviene prima che il soggetto ancora non è stato esposto completamente. La tensione può essere aumentata facendo entrare, ad esempio in una fuga a quattro voci in stretto. Lo stretto con il suo afflusso di voci, è spesso usato per raggiungere il culmine dell’intensità espressiva.
La coda può presentare anche strutture diverse.
La fuga è la forma polifonica la più rigorosa, complessa e impegnativa. Le regole per comporre una fuga sono molte, rigide e precise. La fuga è forse il frutto tecnicamente e artisticamente più completo ( vale sopratutto per J.S.Bach) di tutto il concetto contrappuntistico. Sarebbe vano cercare di comprendere in un unico modello tutte le fughe mai scritte. Ognuna di esse varierà in questo o quel particolare dalla struttura che stata presentata.
Esempio di una Fuga:
Fuga in Do minore dal primo volume del Clavicembalo ben temperato di J.S.Bach
Nell’esposizione le voci (che in questo caso sono tre, ma possono essere più molteplici) espongono il tema principale del brano – soggetto– esso dura due battute:
Dopo che la prima voce ha esposto soggetto, questo passa alla seconda voce, poco modificato. La prima voce continua eseguendo il controsoggetto, una specie di secondo tema – accompagnamento:
In seguito un breve episodio di transizione, rintracciamo il soggetto nella sua terza e ultima entrata, eseguito dalla terza voce. La seconda voce, che ha appena eseguito il soggetto, svolge ora il controsoggetto. La prima invece, che ha appena eseguito il controsoggetto, svolge una parte libera.
A questo punto, quando tutte le voci hanno esposto il soggetto, si conclude la prima parte della fuga e inizia la seconda – sezione centrale – sviluppo. In questa parte abbiamo un scambiarsi di divertimenti e riesposizioni.
Ecco un esempio di divertimento: le due voci superiori ripetono scambiandosi l’inizio del soggetto, mentre la voce inferiore esegue una parte libera che richiama l’inizio del controsoggetto:
Ecco un esempio di riesposizione: la voce superiore esegue interamente il soggetto in una nuova tonalità. La voce più grave svolge il controsoggetto. La voce intermedia esegue una parte libera.
Al termine della sezione centrale si trova la coda, che può avere varie strutture. Nella coda della fuga che abbiamo analizzato, il soggetto è accompagnato da una parte libera.
Secondo esempio di una Fuga:
Fuga in Mi maggiore dal secondo volume del Clavicembalo ben temperato di J.S.Bach:
Una interpretazione della Fuga in Do minore di J.S.Bach
-
La scala
La scala è una successione di suoni che procedono per grado congiunto i quali si trovano in determinati rapporti di distanza con un suono base che è il punto di partenza e che viene denominato tonica. Quindi la scala è una successione ordinata di suoni (detti anche gradi) nell’ambito di un’ottava, disposti in ordine di toni e semitoni. I gradi sono indicati con un numero romano progressivo da I a VII.
fig.1(a)
La scala può essere di due tipi: diatonica e cromatica.
Nel sistema musicale la scala basilare è la scala diatonica, formata di toni e semitoni all’interno di un intervallo di ottava.
La scala diatonica può essere di due specie (modi): maggiore e minore e può svolgersi sia in senso ascendente che discendente:
fig.1(b)
La scala cromatica è costituita dalla successione di tutti i 12 semitoni contenuti nell’ottava.
fig.1(c)
La scala “modo maggiore”
La scala di “modo maggiore” è costituita da 5 toni e 2 semitoni disposti come in fig.1(a) e fig.1(d).
fig.1(d)
Analizzando la distanza tra i vari suoni, cioè degli intervalli che intercorrono tra loro, come in fig.1(a), possiamo ricavarci questa formula: ( T-T-ST-T-T-T-ST), che ci consente di costruirci le scale maggiori. Se applico questa formula a partire da una qualsiasi altra nota otterrò la relativa scala maggiore.
Facciamo un esempio partendo dalla nota RE ricavandoci la relativa scala maggiore fig.2.
fig.2
IL I grado è appunto il RE.
IL II grado dovrà trovarsi a distanza di un tono dal primo grado.Il tono è formato da due semitoni,quindi contando due semitoni a partire dal RE, avrò RE#, MI, quindi il secondo grado della scala sarà il MI.
Andiamo a ricavarci il III grado che disterà ancora di un tono dal grado precedente, quindi contando due semitoni partendo dal MI, ( FA e FA#) otterrò il FA#.
IL IV grado si troverà ad un semitono di distanza dal III, seguendo la formuletta, quindi eravamo arrivati al FA#, conto un semitono ed avrò il SOL.
IL V grado sarà ad un tono dal precedente, quindi (SOL#, LA) ed il LA è il quinto grado della scala.
IL VI grado sarà ancora ad un tono dal precedente, quindi (LA#, SI), avremo il SI.
IL VII grado ad un tono dal precedente, (partendo dal SI avremo DO, DO#) quindi il DO# sarà il settimo grado.
Infine l’VIII grado dovrà essere ad un semitono dal VII, quindi dal DO#, contando un semitono avrò il RE.
Sarà molto utile costruire le altre scale scrivendole sul pentagramma.
Gradi delle scale e loro denominazione
Come detto sopra i suoni che compongono la scala si chiamano gradi e vengono altresì chiamati:
Il I grado : Tonica, è la nota base della scala ed è il grado che esercita più di tutti attrazione sugli altri i quali hanno una tendenza di moto verso di esso.
IL II grado : Sopratonica.
IL III grado : Modale o Mediante. Modale perché da esso dipende l’individuazione del modo maggiore o minore.Mediante perché è il suono intermedio della triade che si costituisce sul I grado.
IL IV grado : Sottodominante.
IL V grado : Dominante, per il suo frequente impiego nelle melodie e per la sua posizione centrale, dalla quale può dominare gli altri gradi.
IL VI grado : Sopradominante.
IL VII grado : Sensibile, per la sua tendenza a risolvere sulla tonica. Quando questo grado non dista un semitono dalla tonica ( come nella scala minore naturale), prende il nome di sottotonica.
La scala di “modo minore”.
Caratteristica della scala minore è la prima 3ª che è sempre minore, mentre gli altri due intervalli , 6ª e 7ª, variano a seconda del tipo di scala minore che viene considerato.
La scala minore può essere di diversi tipi:
Scala minore naturale.
La scala minore naturale ha la 3ª, la 6ª e la 7ª sempre minori, sia in senso ascendente che discendente. Questa scala non presenta la sensibile. La successione di toni e semitoni è: T-ST-T-T-ST-T-T
Scala minore melodica.
La scala minore melodica ha la 3ª sempre minore, sia in senso ascendente che discendente, la 6ª e la 7ª, invece, sono maggiori nel salire e minori nello scendere. Questa caratteristica nasce dall’esigenza di superare gli inconvenienti della scala minore naturale (mancanza di sensibile e quindi del carattere conclusivo della successione 7º e 8º grado) e della scala armonica ( poca metodicità dell’intervallo di 2ª eccedente esistente tra il 6º e 7º grado). A tale inconveniente si è ovviato innalzando di un semitono sia il 6º che il 7º grado nella successione ascendente, in quella discendente tali gradi vengono restituiti all’impianto tonale. La successione di toni e semitoni è in senso ascendente: T-ST-T-T-T-T-ST in senso discendente: T-T-ST-T-T-ST-T
Scala minore armonica.
La scala minore armonica ha la 3ª minore, la 6ª minore e la 7ª maggiore tanto nel salire quanto nello scendere.
La scala minore armonica presenta quindi tra il 6º ed il 7º grado una distanza di un tono e mezzo. Tale intervallo equivalente ad una 2ª eccedente è poco melodico e costituisce la caratteristica di questa scala. La successione di toni e semitoni è: T-ST-T-T-ST-T½ -ST
Ulteriori informazioni consulta: Appunti di Armonia 1
-
Il Suono
In principio, ė lecito supporre , era il silenzio. Era silenzio perché non c’era moto alcuno e di conseguenza nessuna vibrazione poteva mettere l’ aria in movimento, fenomeno questo di importanza fondamentale per la produzione del suono. La creazione del mondo, in qualunque modo sia avvenuta, deve essere stata accompagnata dal moto e pertanto dal suono. Forse è questa la ragione per cui la musica, presso i popoli primitivi, ha tale magica importanza da essere spesso connessa a significati di vita e di morte. Proprio la sua storia insegna che la musica ha serbato il suo significato trascendentale.
Il suono ( dal latino sonus = sensazione percepita dall’udito) é un fenomeno acustico prodotto dalle vibrazioni periodiche dei corpi elastici. Per es. la vibrazione dina corda, la pelle di un tamburo. Se la vibrazione é regolare, il suono che ne risulta è musicale e costituisce una nota di altezza determinata; se é irregolare, il risultato è il rumore.
Ogni suono ha tre proprietà caratteristiche. Prendiamo un esempio tratto dalla vita di ogni giorno. Passeggiando per la strada, noi ascoltiamo più suoni contemporaneamente; automobili ?, motociclette ?, aereoplani, apparecchi radio, persone che camminano e chiacchierano producono simultaneamente suoni che possono essere gradatamente più alti e più bassi, più forti e più tenui. Col nostro orecchio facciamo un automatica distinzione tra la voce acuta di un bimbo ? e quella grave di un uomo, fra il rombo di un aereo e il ronzio del traffico, e riconosciamo se la melodia che ci giunge da una radio é suonata da una tromba o da un violino. Così noi incosciamente selezioniamo le tre qualità del suono: altezza , intensità e timbro.
Altezza
L’altezza è la qualità per la quale un suono è più o meno acuto di un altro e dipende dal numero di vibrazioni (frequenza) che il corpo sonoro che lo produce compie in un minuto secondo; si dice che é più acuto il suono che è dato da un numero maggiore di vibrazioni, meno acuto quello che é dato da un numero minore.
Intensità
Abbiamo visto quindi che l’altezza di una nota dipende totalmente dalla frequenza della sua vibrazione. L’intensità di una nota dipende dall’ampiezza della vibrazione. L’ intensità è la qualità per cui un suono è più o meno forte di un altro avente o non la medesima altezza. Lo stesso suono, per es. nel pianoforte, avrà un intensità diversa a seconda che verrà prodotto colpendo il tasto con leggerezza oppure battendolo con forza, pur restando uguale, in entrambi i casi , il numero delle vibrazioni. L’ intensità dipende quindi dall’ampiezza delle vibrazioni ed é indipendente dal numero delle vibrazioni stesse.
Timbro
Il timbro definisce la differenza di colore musicale tra una nota suonata su strumenti differenti o cantata da voci diverse. In tal modo il “colore” di una nota ci permette di distinguere tra vari strumenti che suonano la stessa melodia. Perché? La risposta ci conduce ad uno dei più affascinanti fenomeni dell’acustica, gli armonici. La frequenza caratteristica di una nota è solo quella della fondamentale di una serie di altre note che sono simultaneamente presenti sulla nota base. Queste note sono chiamate armonici ( o suoni parziali o ipertoni) . La ragione per cui gli armonici non sono distintamente udibili, è che la loro intensità è minore di quella della nota fondamentale. Ma essi sono importanti perché determinano il timbro di una nota, è al tempo stesso danno chiarezza e smalto al suono. Ciò che ci permette di fare distinzione fra il timbro, ad esempio, di un oboe e di un corno é la diversa intensità dei vari armonici presenti sulle note reali che essi producono.
-
L’armonia è la scienza e l’arte che studia la genesi e la concatenazione degli accordi. La musica è un arte che deriva dalla successione ritmica dei suoni, melodia e della loro combinazione simultanea, armonia.
Sia che questi suoni giungano al nostro orecchio successivamente oppure simultaneamente. Vengono a trovarsi tra loro in determinati rapporti, i quali, mentre suscitano nel nostro animo determinate sensazioni che formano oggetto dell’arte. Sono a loro volta oggetto della scienza che ne studia le leggi.
Ecco dunque perché l’armonia non è solo una scienza ma anche un’arte nello stesso tempo. Essa si occupa di individuare negli accordi gli elementi di cui sono formati. La genesi di questi elementi e di stabilire ed esporre le leggi che regolano i rapporti di affinità fra un accordo e l’altro.Elementi costituivi della musica
Gli elementi costitutivi della musica pertanto sono la melodia, il ritmo, l’armonia
Per melodia si intende la successione di più suoni di differente altezza e durata.
Il ritmo è determinato dal rapporto di tempo intercorrente tra i vari suoni percepiti successivamente dal nostro orecchio. Tutto in natura è ritmo: dalla circolazione del sangue al movimento degli astri, dalla respirazione all’alternanza del giorno e della notte e alla periodicità delle stagioni.
Melodia e armonia hanno un origine comune, le stesse tendenze e la stessa importanza.
Unendo simultaneamente i suoni di cui è formata una melodia si possono formare successioni armoniche. Reciprocamente dalla disposizione e simmetrica dei suoni che compongono gli accordi si può ricavare una melodia.Armonia: diatonica, cromatica, enarmonica
L’armonia viene ripartita in tre generi: diatonica, cromatica, enarmonica.
L’armonia diatonica si basa sui modi maggiore e minore e studia gli accordi consonanti e tutti quelli dissonanti di 3, 4, 5, 6, 7 suoni.
L’armonia cromatica si occupa delle alterazioni di uno o più suoni negli accordi diatonici. L’armonia cromatica è molto adoperata nella musica moderna ed è fonte di grandi effetti coloristici e contrasti che arricchiscono l’armonizzazione ravvivando la composizione.
L’armonia enamornica è quella parte dell’armonia che si occupa del vario aspetto sotto il quale può essere considerato uno stesso suono o uno stesso accordo – in altri termini è la sostituzione di un accordo mediante un altro omofono ma non omologo; cioè avente gli stessi suoni ma non lo stesso nome. Tale sostituzione cambiando l’essenza dell’accordo produce risoluzioni impreviste che portano in tonalità lontane da quelle di partenza.
Ulteriori informazioni consulta: Enarmonia
Intervalli e scale — generalità
Intervallo, in senso musicale, è il rapporto dei numeri delle vibrazioni di due suoni di differente altezza-in parole più semplici è la distanza che passa fra due suoni. Nel nostro sistema temperato l’ottava giusta è divisa in 12 parti uguali denominate semitoni. Ciascuna delle quali rappresenta l’intervallo più piccolo che passa fra un suono e l’altro e serve come unità di misura per calcolare le distanze. Il semitono può essere di due specie: cromatico e diatonico.Semitono cromatico e diatonico
Semitono cromatico è quello che passa tra due suoni aventi lo stesso nome:Semitono diatonico è quello che passa fra due suoni aventi nomi differente:
- intervallo melodico: i due suoni vengono emessi in successione
- intervallo armonico :i due suoni vengono emessi contemporaneamente.
Ulteriori informazioni consulta: Appunti di Armonia 2
- intervallo melodico: i due suoni vengono emessi in successione