Teoria della musica

Il Suono
In principio, ė lecito supporre , era il silenzio. Era silenzio perché non c’era moto alcuno e di conseguenza nessuna vibrazione poteva mettere l’ aria in movimento, fenomeno questo di importanza fondamentale per la produzione del suono. La creazione del mondo, in qualunque modo sia avvenuta, deve essere stata accompagnata dal moto e pertanto dal suono. Forse è questa la ragione per cui la musica, presso i popoli primitivi, ha tale magica importanza da essere spesso connessa a significati di vita e di morte. Proprio la sua storia insegna che la musica ha serbato il suo significato trascendentale.
Il suono ( dal latino sonus = sensazione percepita dall’udito) é un fenomeno acustico prodotto dalle vibrazioni periodiche dei corpi elastici. Per es. la vibrazione dina corda, la pelle di un tamburo. Se la vibrazione é regolare, il suono che ne risulta è musicale e costituisce una nota di altezza determinata; se é irregolare, il risultato è il rumore.
Ogni suono ha tre proprietà caratteristiche. Prendiamo un esempio tratto dalla vita di ogni giorno. Passeggiando per la strada, noi ascoltiamo più suoni contemporaneamente; automobili ?, motociclette ?, aereoplani, apparecchi radio, persone che camminano e chiacchierano producono simultaneamente suoni che possono essere gradatamente più alti e più bassi, più forti e più tenui. Col nostro orecchio facciamo un automatica distinzione tra la voce acuta di un bimbo ? e quella grave di un uomo, fra il rombo di un aereo e il ronzio del traffico, e riconosciamo se la melodia che ci giunge da una radio é suonata da una tromba o da un violino. Così noi incosciamente selezioniamo le tre qualità del suono: altezza , intensità e timbro.
Altezza
L’altezza è la qualità per la quale un suono è più o meno acuto di un altro e dipende dal numero di vibrazioni (frequenza) che il corpo sonoro che lo produce compie in un minuto secondo; si dice che é più acuto il suono che è dato da un numero maggiore di vibrazioni, meno acuto quello che é dato da un numero minore.
Intensitá
Abbiamo visto quindi che l’altezza di una nota dipende totalmente dalla frequenza della sua vibrazione. L’intensità di una nota dipende dall’ampiezza della vibrazione. L’ intensità è la qualità per cui un suono è più o meno forte di un altro avente o non la medesima altezza. Lo stesso suono, per es. nel pianoforte, avrà un intensità diversa a seconda che verrà prodotto colpendo il tasto con leggerezza oppure battendolo con forza, pur restando uguale, in entrambi i casi , il numero delle vibrazioni. L’ intensità dipende quindi dall’ampiezza delle vibrazioni ed é indipendente dal numero delle vibrazioni stesse.
Timbro
Il timbro definisce la differenza di colore musicale tra una nota suonata su strumenti differenti o cantata da voci diverse. In tal modo il “colore” di una nota ci permette di distinguere tra vari strumenti che suonano la stessa melodia. Perché? La risposta ci conduce ad uno dei più affascinanti fenomeni dell’acustica, gli armonici. La frequenza caratteristica di una nota è solo quella della fondamentale di una serie di altre note che sono simultaneamente presenti sulla nota base. Queste note sono chiamate armonici ( o suoni parziali o ipertoni) . La ragione per cui gli armonici non sono distintamente udibili, è che la loro intensità è minore di quella della nota fondamentale. Ma essi sono importanti perché determinano il timbro di una nota, è al tempo stesso danno chiarezza e smalto al suono. Ciò che ci permette di fare distinzione fra il timbro, ad esempio, di un oboe e di un corno é la diversa intensità dei vari armonici presenti sulle note reali che essi producono.
Forma musicale
1. Della forma
Nella terminologia musicale, la forma di una composizione è la costruzione con cui essa si articola e che ne rivela le suddivisioni, la successione, lo svolgimento di temi, strutture ritmiche e armoniche. La espressione non va confusa col genere musicale, termine più ampio che genera una composizione secondo la tradizione cui appartiene e le convenzioni che la definiscono.
Tuttavia il concetto sostanziale di forma (la quale etimologicamente significa «figura», «foggia», «fattezza di corpo») persiste sempre la sincronismo dei diversi elementi costituenti l’opera d’arte in un tutto conforme. Per tanto, prima di potere analizzare le varie forme musicali, sia anche da un punto di vista solamente tecnico-costruttivo, è indispensabile avere una conoscenza dei loro elementi costitutivi fondamentali.
Il linguaggio della musica si articola in maniera molto simile a quello verbale ha:
- una scrittura e delle regole grammaticali (notazione),
- una realizzazione sonora attraverso voci e strumenti,
- una capacità espressiva forse anche superiore a quella dello stesso linguaggio verbale.
Il linguaggio della musica è pieno di “significati”, è organizzato in frasi, ovvero in “idee musicali”(o temi), che si succedono e si ripetono secondo schemi costruttivi diversi, nati nel corso dei secoli. Questi schemi costruttivi sono le forme musicali e sono alla base di grandi creazioni.
La forma musicale è la struttura di un brano, cioè il modo in cui sono organizzati le frasi e i periodi. A ogni particolare struttura corrisponde un determinato nome: “Ballata” , “Sinfonia” , “Concerto” , “Sonata” ecc.
2. Elementi tecnici ed estetici della forma musicale
Per tonalità s’intende quella determinata condizione che evidenzia ad unità i suoni d’una scala, in virtù dell’interesse che ognuno di essi esercita o subisce a seconda della posizione che occupa nell’ordine della scala stessa.
Nella musica ogni brano è composto in base al sistema tonale, cioè a partire da un sistema di regole centrate sulla relazione fra le altezze delle note di una scala musicale diatonica rispetto alla tonica della scala stessa, che rappresenta da nota fondamentale e centro di corrispondenza di quel particolare brano.
Prima di tutto è necessario dare una spiegazione: le tonalità si distinguono in due grandissimi gruppi:
- Tonalità maggiori
- Tonalità minori.
In totale esistono 24 tonalità musicali: 12 maggiori e 12 minori.
La tonalità è definita dal tono e dal modo. Per esempio, la tonalità di Do maggiore è data dal tono Do e dal modo maggiore (per allargamento, si usa alle volte il termine tono in luogo di tonalità; ad esempio, si può anche dire di tono di Do maggiore).
- Per tono s’intende l’ambito tonale, l’ottava nella quale si svolge la scala. Esso perciò è stabilito dalla nota iniziale della scala, base di tutta la struttura tonale, che si chiama tonica o fondamentale della scala.
- Per modo s’intende lo schema, l’ordine di successione dei suoni della scala in riferimento ai loro reciproci rapporti di distanza. Essi, come abbiamo detto, sono fondamentalmente due: il maggiore → tonalità maggiore e il minore → tonalità minore.
Scala è una successione graduale di suoni, in relazioni fra loro definite e costanti, contenuta nell’ambito di un’ottava.
La scala si distingue anzitutto in:
- diatonica – quando è formata di toni e semitoni come la successione dei sette suoni naturali;
- cromatica o semitonale – quando è costituita dalla successione di tutti i 12 semitoni contenuti nell’ottava.
Per ulteriori informazioni consulta Armatura di chiave , Circolo delle quinte , Giro armonico Gradi, Appunti di armonia.
2. Melodia
La melodia è una qualunque successione ritmica di note singole, atta ad esprimere un pensiero musicale. La caratteristica di una melodia, confidata a una voce o a uno strumento, è quella di essere facilmente riconoscibile all’interno della struttura compositiva. La melodia nata per il canto ha sempre conservato lo spirito della sua tradizionale vocalità, molto spesso anche nelle forme strumentali.
3. Armonia ( Accordo – Intervallo)
Per ulteriori informazioni consulta Appunti di armonia 1, Appunti di armonia 2, Gli accordi (parte 1), Gli accordi ( parte 2), Armonizzazione della scala maggiore: il procedimento, Giri armonici, Accordo
4. Discorso musicale
Come nel linguaggio parlato il discorso nasce dalla coordinazione logica di parole atte ad esprimere il nostro pensiero, così in musica esso nasce dalla coordinazione di elementi ritmici, armonici e melodici – vari fra loro per grandezza (estensione metrica) e compiutezza d’idea (funzione logica) – atti ad esprimere il pensiero dell’artista creatore
Ulteriori informazioni consulta Il discorso musicale, Frase musicale.
Esempi di forme musicali
Il criterio che ci permette di individuare le parti di un brano musicale è basato sulla capacità di distinguere ciò che è uguale da ciò che diverso o da ciò che è somigliante. Generalmente, per schematizzare la forma di un brano musicale si usano le lettere dell’alfabeto maiuscole (per i periodi) e minuscole (per le frasi). A episodi uguali corrispondono lettere uguali, a episodi diversi lettere diverse, mentre per gli episodi somiglianti si useranno lettere con degli apici in alto a destra:
- un, unica parte che si ripete più volte: A A A;
- parti completamente diverse: A B C;
- parti somiglianti, cioè con variazioni rispetto all’idea originaria: A A’ A” A”’.
Volendo invece schematizzare la struttura interna di una singola parte segneremo con le lettere minuscole le frasi da cui essa è composta (lettere uguali corrispondono a frasi uguali).
Forma può essere:
- monopartita, quando si ha un solo tema che si ripete più volte;
- bipartita, quando si hanno due temi che contrastano fra loro;
- tripartita, quando si riscontra una simmetria fra contrasto e riproposizione dei temi;
- polifonica, quando alcuni temi interagiscono e si sovrappongono fra di loro;
- semplice, se prevedono un’organizzazione lineare delle parti del brano;
- complessa, quando ha una struttura a più tempi, a più movimenti, ma sono sempre caratterizzati da un disegno unitario che lega tra loro le varie parti, che costituisce un insieme di regole, che il compositore deve rispettare nella stesura complessiva dell’opera;
- aggregativa; quando la suddivisione in più tempi non segue le regole di un disegno unitario e in cui troviamo una successione di brani diversi, ciascuno dei quali è una composizione a se stante che può essere eseguita anche da sola;
- narrativa, quando un compositore si serve di un brano musicale per “raccontare qualcosa”.
- libera, come quando l’autore non segue alcuno schema codificato – la distruzione delle regole formali;
Forma monopartita
È la più semplice struttura musicale e prevede un solo tema che si ripete diverse volte. Un esempio classico di questa forma è la Ballata, nella quale ad un testo musicale sempre uguale corrispondono strofe di testo diverso. La Ballata è piuttosto una forma di canto narrativo. Nelle Ballate il numero delle strofe non è fisso, perché si adegua alla lunghezza del testo.
Forma bipartita
Da quanto detto possiamo dedurre che la ripetizione, identica o variata, e il contrasto, cioè la diversità, sono i due principi basilari su cui poggiano le forme musicali. Generalmente le danze strumentali (soprattutto nelle danze quali la gavotta e la giga), quei brani musicali destinati alla danza sono costruite seguendo tali principi, ripetizione e contrasto, assumendo una forma bipartita, cioè divisa in due parti diverse Questa forma è composta da due temi, chiamati A e B. Anche le canzoni dei nostri giorni si possono assimilare a questa forma in quanto sono per lo più costituite da una strofa e da un ritornello. Consiste anche in uno spostamento di tonalità, che crea una sorta di contrasto.
Forma tripartita
La struttura di una composizione in forma tripartita è molto semplice poiché presenta due temi principali A e B (bitematica) ed è divisa in tre parti perfettamente simmetriche. Nella prima parte (A) il tema (una frase o un periodo) è ripetuto due volte, ma con intensità diversa. Nella parte centrale è presente un nuovo tema (B) e la terza parte (A) è una ripetizione fedele della prima. La forma tripartitaè una delle più frequenti forme musicali, si basa sullo schema A B A, in cui al primo elemento musicale segue il secondo e quindi la ripresa del primo. Un esempio classico di forma tripartita è Minuetto. Il Minuetto è un’antica danza francese in tempo ternario introdotta da Giambattista Lully alla corte del re Luigi XVII secolo.
Forme basate sull’organico.
Le composizioni musicali assumono nomi diversi a seconda del numero di esecutori che le interpretano:
- Duo, Trio, Quartetto, Quintetto ecc.
- Sonata: interpretata da uno o due solisti
- Concerto: uno o più solisti con l’intera orchestra
- Sinfonia: un’intera orchestra sinfonia.
Forma polifonica
Nella forma polifonica le melodie (o “voci”) si sovrappongono in contrappunto. Uno dei principi fondamentali che sorregge le costruzioni polifoniche è il principio dell’imitazione: uno strumento propone un tema, cioè una frase principale, e gli altri strumenti “entrano” successivamente a intervalli ravvicinati suonando, cioè “imitando”, lo stesso tema. Questo procedimento crea un effetto di dialogo, di inseguimento sonoro molto caratteristico: in tal caso l’imitazione è detta per moto retto. L’imitazione può essere effettuata per moto contrario a specchio, se una seconda voce imita lo stesso disegno melodico, ma capovolgendolo; o per moto retrogrado, quando la seconda voce esegue la melodia iniziandola dall’ultima nota e procedendo all’indietro fino ad arrivare alla prima nota Una delle forme polifoniche più conosciute è la Fuga, che Johann Sebastian Bach ha portato a livelli di estrema complessità e perfezione. È composta da più parti (da due a cinque) che entrano in momenti diversi e si sovrappongono fra di loro. Anche il Canone è una forma vocale e strumentale basata sul principio dell’imitazione, è una forma polifonica.
Forma semplice
La forma semplice è un’organizzazione lineare dei suoni. Nel Settecento e nei primi decenni dell’Ottocento era molto in uso presso i musicisti comporre musica nella forma di Tema e variazioni. Forma essenzialmente monopartita basata sul principio della ripetizione variata. Si partiva da un tema, cioè da una melodia, e lo si ripeteva tante volte trasformandone ogni volta uno o più aspetti: ritmo, melodia, armonia, velocità, dinamica, timbri ecc. Le forme semplici sono: Tema e variazioni, Minuetto, Rondo, Canzone.
Forma complessa
La forma complessa ha una struttura a più tempi, a più movimenti, ma sono sempre caratterizzati da un disegno unitario che lega tra loro le varie parti, che costituisce un insieme di regole, che il compositore deve rispettare nella stesura complessiva dell’opera. Conosciamo forme complesse Sonata, Sinfonia, Concerto.
Forma aggregativa
La forma aggregativa una forma compositiva nella quale la suddivisione in più tempi non segue le regole di un disegno unitario e in cui troviamo una semplice aggregazione, una successione di brani diversi, ciascuno dei quali è una composizione a se stante che può essere eseguita anche da sola. La forma aggregativa più usata a partire dall’Ottocento è la Suite, cioè una raccolta , una successione di pezzi musicali diversi, che hanno però una medesima destinazione o un filo logico che li unisce. La Suite può essere paragonata a una serie di racconti dello stesso autore riuniti sotto un solo titolo. Le Suite di questo tipo, detta moderna per distinguerla da quella classica, riunisce generalmente i brani più celebri tratti da opere musicali molto lunghe, ad esempio opere liriche, musiche di scena e balletti.
Forma narrativa
Quando un compositore modella la forma della composizione adattandola agli “episodi” del suo racconto, creando così una nuova forma, diversa dalle forme strutturate che abbiamo conosciuto prima. Questa nuova forma che possiamo definire narrativa, presenta quasi sempre uno svolgimento privo di interruzioni, cioè è in un solo movimento, e discende da un tipo di composizione per orchestra a contenuto programmatico, che nell’Ottocento fu inventata e usata per la prima volta dal Franz Liszt, il quale la chiamò Poema sinfonico. Posiamo immaginare il Poema sinfonico come una Sinfonia che si è liberata dal suo vestito un po’ stretto (la forma) per giocare liberamente con le note e con i timbri orchestrali senza preoccuparsi troppo delle regole. Esso si ispira generalmente ad argomenti letterali, poetici, pittorici, storici e anche autobiografici: è insomma, una Sinfonia che vuole raccontarci qualcosa servendosi dell’orchestra. La sua forma è piuttosto libera, caratterizzata da elementi timbrici d’effetto e da motivi ricorrenti che evocano situazioni o personaggi.
Altri brani orchestrali affini al Poema sinfonico sono:
- lo Schizzo sinfonico più breve e conciso nella trattazione dei temi;
- il Quadro sinfonico con intendimenti più descrittivi e pittorici;
- la Fiaba sinfonica composizione a contenuto favolistico e con una voce recitante;
- lo Scherzo sinfonico come il Poema sinfonico, ma ispirato a storie o a personaggi divertenti e quindi di contenuto umoristico.
Forma libera – Forma senza forma
Se il Poema sinfonico può essere immaginato come un grande contenitore la cui forma si plasma di volta in volta sulla storia che vuole narrare, altrettanto non si può fare con composizioni, ancora più libere e svincolate da schemi prestabiliti. Queste composizioni:
- non possono rientrare tra le forme narrative perché non hanno contenuti extramusicali così evidenti.
- si affermano contemporaneamente al Poema sinfonico e hanno titoli bizzarri e fantasiosi che fanno intendere una grande libertà formale: Notturno, Capriccio, Scherzo, Improvviso, Rapsodia, Fantasia ecc.
Queste espressioni appartengono al Romanticisimo musicale, che fu caratterizzato da una grande voglia di rinnovamento basata sulla distruzione delle regole formali. Nelle composizioni romantiche il contenuto è considerato più importante del “contenitore” ( la forma) perciò il musicista rompe con le forme classiche. Il compositore distrugge le forme classiche, le reinventa a suo piacimento senza preoccuparsi di sfoggiare la sua abilità tecnica quanto piuttosto di esprimere se stesso e propri sentimenti.
Questa tendenza si è andata ancor più accentuando nel Novecento. Con la musica sperimentale e d’avanguardia si è giunti fino alla distruzione non solo della forma ma anche dei codici musicali (notazione, tonalità, ritmo, armonia ecc.)
Principali composizioni con cui musicisti cominciarono a distruggere le regole
Il diverso atteggiamento creativo che caratterizza le forme libere rispetto alle forme classiche è essenzialmente questo:
- Il compositore romantico scrive della musica per esprimere la sua realtà umana (sentimenti, speranze, ideali) e lasca che la forma si sviluppi liberamente.
- Il compositore classico, prima di scrivere la musica, decide preliminarmente quale forma essa avrà (Sonata, Minuetto, Rondò ecc.)
Forme libere:
- Improvviso: è un breve pezzo per pianoforte che dà un’impressione di improvvisazione estemporanea, cioè sembra inventato sul momento. È in forma libera e spesso è a carattere virtuosistico, molto veloce e tecnicamente difficile. Sono famosi gli Improvvisi di Chopin e di Schubert.
- Fantasia: anticamente il termine indicava una composizione polifonica basata sull’improvvisazione . Nell’Ottocento indicò u brano con uno svolgimento libero basato sull’immaginazione del compositore. I tempi si alternavano liberamente, intrecciando due o più temi diversi. Famose le Fantasie di Chopin, di Schumann.
- Scherzo: nel periodo classico aveva una forma rigorosamente tripartita e poteva essere inserito come terzo tempo nella Sinfonia, al posto di Minuetto. Chopin lo trasformò in una forma libera e pervasa di accenti drammatici senza nulla di scherzoso.
- Capriccio: nel Seicento era un tipo di composizione improvvisata ed estrosa. Nel Settecento e nell’Ottocento il termine fu usato per designare composizioni virtuosistiche, libere da schemi formali vagamente umoristiche. Famose i Capricci per violino di Paganini e il Capriccio italiano di Cajkovskij.
- Notturno: è una composizione per pianoforte creata nel periodo romantico dal musicista inglese John Field, ma divenuta famosa con Chopin. Ha svolgimento melodico ed espressione indefinita simile a un sogno, a volte calmo e sereno e volte interrotto da visioni tormentate e dolorose.
- Foglio d’album: è un breve pezzo di musica che aspira a essere una sorta di “pagina di diario” da tenere insieme ai ricordi più cari. La sua forma dipende totalmente dal gusto e dalla fantasia del compositore. Famosi il Foglio d’album Per Elisa di Beethoven e i 20 Fogli d’album di Schumann.
- Rapsodia: nell’antica Grecia era una composizione musicata e recitata da cantastorie girovaghi, i rapsodi. Nell’Ottocento indicò invece un brano strumentale libero da schemi e composto su motivi popolari, per revocare sentimenti patriottici. Sono famose le 19 Rapsodie ungheresi di Liszt.
Le composizioni musicali si possono distinguere anche:
- per il loro genere, ossia per la loro destinazione d’ambiente, in:
- sacre o liturgiche (quelle adibite ai riti religiosi, es. Le Messe, i Mottetti, i Salmi, ecc.);
- da camera – classiche – ( quelle destinate in particolare ai concerti, es. Quartetti, Sonate, ecc.);
- teatrali (quelle destinate alla scena, es. Melodrammi, Balletti);
- popolari (quelle a carattere popolare, es. Canzoni, Ballabili); ecc.
- per il loro contenuto espressivo, in riferimento ai diversi sviluppi e orientamenti estetici dell’arte musicale, in:
- classiche (quelle ispirate al al classicismo – dottrina che, rifuggendo dall’importanza del sentimento patetico, considerava come scopo assoluto della creazione artistica la purezza della forma .(Es. le composizioni di Mozart);
- romantiche (quelle influenzate al romanticismo – dottrina che, al contrario del classicismo, metteva al centro di ogni creazione artistica l’ispirazione tratta dal sentimento patetico.( Es. le composizioni di Chopin, di Schumann, di Schubert, ecc.);
L’armonia è la scienza e l’arte che studia la genesi e la concatenazione degli accordi. La musica è un arte che deriva dalla successione ritmica dei suoni, melodia e della loro combinazione simultanea, armonia.
Sia che questi suoni giungano al nostro orecchio successivamente oppure simultaneamente. Vengono a trovarsi tra loro in determinati rapporti, i quali, mentre suscitano nel nostro animo determinate sensazioni che formano oggetto dell’arte. Sono a loro volta oggetto della scienza che ne studia le leggi.
Ecco dunque perché l’armonia non è solo una scienza ma anche un’arte nello stesso tempo. Essa si occupa di individuare negli accordi gli elementi di cui sono formati. La genesi di questi elementi e di stabilire ed esporre le leggi che regolano i rapporti di affinità fra un accordo e l’altro.
Elementi costituivi della musica
Gli elementi costitutivi della musica pertanto sono la melodia, il ritmo, l’armonia
Per melodia si intende la successione di più suoni di differente altezza e durata.
Il ritmo è determinato dal rapporto di tempo intercorrente tra i vari suoni percepiti successivamente dal nostro orecchio. Tutto in natura è ritmo: dalla circolazione del sangue al movimento degli astri, dalla respirazione all’alternanza del giorno e della notte e alla periodicità delle stagioni.
Melodia e armonia hanno un origine comune, le stesse tendenze e la stessa importanza.
Unendo simultaneamente i suoni di cui è formata una melodia si possono formare successioni armoniche. Reciprocamente dalla disposizione e simmetrica dei suoni che compongono gli accordi si può ricavare una melodia.
Armonia: diatonica, cromatica, enarmonica
L’armonia diatonica si basa sui modi maggiore e minore e studia gli accordi consonanti e tutti quelli dissonanti di 3, 4, 5, 6, 7 suoni.
L’armonia cromatica si occupa delle alterazioni di uno o più suoni negli accordi diatonici. L’armonia cromatica è molto adoperata nella musica moderna ed è fonte di grandi effetti coloristici e contrasti che arricchiscono l’armonizzazione ravvivando la composizione.
L’armonia enamornica è quella parte dell’armonia che si occupa del vario aspetto sotto il quale può essere considerato uno stesso suono o uno stesso accordo – in altri termini è la sostituzione di un accordo mediante un altro omofono ma non omologo; cioè avente gli stessi suoni ma non lo stesso nome. Tale sostituzione cambiando l’essenza dell’accordo produce risoluzioni impreviste che portano in tonalità lontane da quelle di partenza.
Ulteriori informazioni consulta: Enarmonia
Intervalli e scale — generalità
Semitono diatonicoè quello che passa fra due suoni aventi nomi differente:
- intervallo melodico: i due suoni vengono emessi in successione
- intervallo armonico :i due suoni vengono emessi contemporaneamente.
Ulteriori informazioni consulta: Appunti di Armonia 2
La scala
La scala è una successione di suoni che procedono per grado congiunto i quali si trovano in determinati rapporti di distanza con un suono base che è il punto di partenza e che viene denominato tonica. Quindi la scala è una successione ordinata di suoni (detti anche gradi) nell’ambito di un’ottava, disposti in ordine di toni e semitoni. I gradi sono indicati con un numero romano progressivo da I a VII.
fig.1(a)
La scala può essere di due tipi: diatonica e cromatica.
Nel sistema musicale la scala basilare è la scala diatonica, formata di toni e semitoni all’interno di un intervallo di ottava.
La scala diatonica può essere di due specie (modi): maggiore e minore e può svolgersi sia in senso ascendente che discendente:
fig.1(b)
La scala cromatica è costituita dalla successione di tutti i 12 semitoni contenuti nell’ottava.
fig.1(c)
La scala “modo maggiore”
La scala di “modo maggiore” è costituita da 5 toni e 2 semitoni disposti come in fig.1(a) e fig.1(d).
fig.1(d)
Analizzando la distanza tra i vari suoni, cioè degli intervalli che intercorrono tra loro, come in fig.1(a), possiamo ricavarci questa formula: ( T-T-ST-T-T-T-ST), che ci consente di costruirci le scale maggiori. Se applico questa formula a partire da una qualsiasi altra nota otterrò la relativa scala maggiore.
Facciamo un esempio partendo dalla nota RE ricavandoci la relativa scala maggiore.
Per ottenere una scala maggiore che inizi dal Re, dovremo quindi utilizzare due note alterate:il Fa♯ e il Do♯.
Per costruire la scala maggiore di Mi, dovremo aggiungere un’altra alterazione, il Sol♯.
L’unica scala senza alterazioni è quella di Do. Tutte le altre, per mantenere lo schema T T ST T T T ST, devono far ricorso alle alterazioni.
IL I grado è appunto il RE.
IL II grado dovrà trovarsi a distanza di un tono dal primo grado.Il tono è formato da due semitoni,quindi contando due semitoni a partire dal RE, avrò RE#, MI, quindi il secondo grado della scala sarà il MI.
Andiamo a ricavarci il III gradoche disterà ancora di un tono dal grado precedente, quindi contando due semitoni partendo dal MI, ( FA e FA#) otterrò il FA#.
IL IV gradosi troverà ad un semitono di distanza dal III, seguendo la formuletta, quindi eravamo arrivati al FA#, conto un semitono ed avrò il SOL.
IL V gradosarà ad un tono dal precedente, quindi (SOL#, LA) ed il LA è il quinto grado della scala.
IL VI gradosarà ancora ad un tono dal precedente, quindi (LA#, SI), avremo il SI.
IL VII gradoad un tono dal precedente, (partendo dal SI avremo DO, DO#) quindi il DO# sarà il settimo grado.
Infine l’VIII gradodovrà essere ad un semitono dal VII, quindi dal DO#, contando un semitono avrò il RE.
Sarà molto utile costruire le altre scale scrivendole sul pentagramma.
Gradi delle scale e loro denominazione
Come detto sopra i suoni che compongono la scala si chiamano gradi e vengono altresì chiamati:
Il I grado : Tonica, è la nota base della scala ed è il grado che esercita più di tutti attrazione sugli altri i quali hanno una tendenza di moto verso di esso.
IL II grado : Sopratonica.
IL III grado : Modale o Mediante. Modale perché da esso dipende l’individuazione del modo maggiore o minore.Mediante perché è il suono intermedio della triade che si costituisce sul I grado.
IL IV grado : Sottodominante.
IL V grado : Dominante, per il suo frequente impiego nelle melodie e per la sua posizione centrale, dalla quale può dominare gli altri gradi.
IL VI grado : Sopradominante.
IL VII grado : Sensibile, per la sua tendenza a risolvere sulla tonica. Quando questo grado non dista un semitono dalla tonica ( come nella scala minore naturale), prende il nome di sottotonica.
La scala di “modo minore”.
Caratteristica della scala minore è la prima 3ª che è sempre minore, mentre gli altri due intervalli , 6ª e 7ª, variano a seconda del tipo di scala minore che viene considerato.
La scala minore può essere di diversi tipi:
Scala minore naturale.
La scala minore naturale ha la 3ª, la 6ª e la 7ª sempre minori, sia in senso ascendente che discendente. Questa scala non presenta la sensibile. La successione di toni e semitoni è: T-ST-T-T-ST-T-T
Scala minore melodica.
La scala minore melodica ha la 3ª sempre minore, sia in senso ascendente che discendente, la 6ª e la 7ª, invece, sono maggiori nel salire e minori nello scendere. Questa caratteristica nasce dall’esigenza di superare gli inconvenienti della scala minore naturale (mancanza di sensibile e quindi del carattere conclusivo della successione 7º e 8º grado) e della scala armonica ( poca metodicità dell’intervallo di 2ª eccedente esistente tra il 6º e 7º grado). A tale inconveniente si è ovviato innalzando di un semitono sia il 6º che il 7º grado nella successione ascendente, in quella discendente tali gradi vengono restituiti all’impianto tonale. La successione di toni e semitoni è in senso ascendente: T-ST-T-T-T-T-ST in senso discendente: T-T-ST-T-T-ST-T
Scala minore armonica.
La scala minore armonica ha la 3ª minore, la 6ª minore e la 7ª maggiore tanto nel salire quanto nello scendere.
La scala minore armonica presenta quindi tra il 6º ed il 7º grado una distanza di un tono e mezzo. Tale intervallo equivalente ad una 2ª eccedente è poco melodico e costituisce la caratteristica di questa scala. La successione di toni e semitoni è: T-ST-T-T-ST-T½ -ST
Ulteriori informazioni consulta: Appunti di Armonia 1
Canone nella musica
La più rigorosa delle forme contrappuntistiche. L’esempio più semplice di canone, comprensibile per chiunque, è la famosa canzone Fra’Martino, che si canta a più voci ognuna delle quali esegue la medesima linea musicale, ma sfasata rispetto alle altre. Le voci si inseguono quindi tra loro. È la forma “conveniente ”per eccellenza, dato che da una singola linea se ne possono eseguire altre senza doverle scrivere (molti dei celebri canoni di Bach sono scritti su un solo pentagramma).
Il canone può essere classificato in base
- al numero delle voci,
- all’intervallo al quale ciascuna imitazione successiva è trasposta rispetto all’antecedente,
- al fatto che le voci siano inverse, retrograde o inverse e retrograde insieme;
- la distanza temporale tra ciascuna voce e
- il fatto che gli intervalli della seconda voce coincidano con quelli della prima o vengano modificati per obbedire alle esigenze della scala diatonica;
- infine l’eventuale differenza nel valore delle note tra l’antecedente e le sue imitazioni successive. Nella pratica dell’arte musicale i compositori hanno spesso impiegato anche più di uno dei metodi suddetti simultaneamente.
Tipi di canone
- Un canone dove la melodia è seguita da una voce di contrappunto è detto a due voci. Se le voci complessive sono n, canone viene similmente chiamato canone a n voci. Tale terminologia può essere utilizzata in combinazione con una relativa ad altre caratteristiche del canone.
- In un canone ad intervallo la voce conseguente imita la voce guida (antecedente). Un intervallo preciso, diverso dall’ottava o unisono (esempio: canone alla seconda, quinta, settima, etc.). Se la conseguente imita l’antecedente secondo il preciso intervallo assegnato, si parla di canone esatto; se l’imitazione segue l’intervallo (ad es: terza) ma non la qualità (maggiore/minore), si parla di canone diatonico.
- Un canone inverso (detto anche canone per moto contrario) fa muovere la voce conseguente in moto contrario rispetto alla voce antecedente. Ad esempio, se quest’ultima sale di una quinta, la conseguente scende di quinta, e viceversa. Una sottovariante del canone inverso, “a specchio”, mantiene esattamente gli intervalli: una sesta maggiore resterà una sesta maggiore, e non potrà diventare minore.
- In un canone retrogrado, noto anche come cancrizzante, la voce conseguente inizia dall’ultima nota della voce antecedente. Poi prosegue all’indietro, terminando con la voce iniziale (do, mi, sol-sol, mi, do).
- Il tipo più familiare di canone è probabilmente quello perpetuo/infinito, detto anche canone circolare. Esso, quando ogni voce del canone arriva al termine, può ricominciare dall’inizio, in una specie di moto perpetuo. Un esempio di canone perpetuo nella musica popolare è dato da Fra’ Martino.
Esistono anche altri tipi di canone come quello a spirale, il canone accompagnato e il canone doppio o triplo.

Canone cancrizzante o retrogrado
Canone di J. S. Bach
Canone di Pachelbel
Si tratta di una composizione musicale in forma di canone per tre violini e basso continuo attribuita al musicista tedesco Johann Pachelbel. Essa è arrivata fino a noi attraverso un manoscritto del XIX secolo, nel quale è seguito da una giga in 12/8, sempre per il stesso organico. La datazione suggerita da alcuni studiosi (tra il 1680 e il 1706) è una mera congettura basata sullo stile musicale.
L’arrangiamento orchestrale registrato nel 1968 dalla celebre orchestra da camera Jean-François Paillard ebbe uno straordinario successo popolare. Nei decenni successivi, il brano fu registrato da molti altri gruppi, eseguito in concerti ed utilizzato come colonna sonora. La progressione di basso su cui si basa la serie di variazioni che costituisce il brano è stata utilizzata ampiamente nell’ambito della canzone pop.
Struttura :
La sezione del basso ostinato del Canone di Pachelbel
Questa linea di basso viene ripetuta in tutto ventotto volte. Gli accordi di tale sequenza sono: Re maggiore (tonica), La maggiore (dominante), Si minore (tonica parallela), Fa Diesis minore (dominante parallela), Sol maggiore (sottodominante), Re maggiore (tonica), Sol maggiore (sottodominante), La maggiore (dominante)
Struttura di apertura del Canone di Pachelbel
Qui sopra sono riportate le prime nove misure del Canone. I violini eseguono il canone a tre voci sopra la linea del basso che provvede a garantire la struttura armonica. I colori evidenziano le variazioni individuali e il tempo di entrata degli strumenti.
Il Canone di Pachelbel rappresenta uno dei modelli più importanti di crossover in campo musicale ( crossover è un termine usato per descrivere materiale preso in prestito da più generi differenti, e la cui popolarità supera i confini convenzionali della musica e dei suoi stili ).
A partire dagli anni settanta il Canone di Pachelbel è passato dall’essere un’opera poco conosciuta della musica barocca al diventare un fattore culturale globalmente noto. Il Canone è stato infatti oggetto di numerosi riedizioni e adattamenti in chiave pop o rock: alcuni si rifacevano nell’orchestrazione e nel rispetto della partitura, al modello originale, altri invece hanno avuto il carattere tuttavia di vera e propria sperimentazione musicale, con l’uso di strumenti autenticamente usati per altri generi musicali, come ad esempio la chitarra elettrica.I
Il video del Canone in Re Maggiore eseguito con strumenti originali dall’Ensemble di Musica Antica di San Francisco Voices of Music con Katherine Kyme, Carla Moore & Cynthia Freivogel, al violino barocco; Tanya Tomkins, violoncello barocco, Hanneke van Proosdij, organo barocco e David Tayler, tromba.