Agogica , Alterazioni , Altezza
Agogica
Agogica – indicazione di andamento o indicazione di movimento di una composizione il suo stile espressivo. L’indicazione data ne fornisce il modo per eseguirlo correttamente, anche se è necessario far presente che per quanto possa essere precisa e specifica un margine molto ampio di interpretazione è lasciato alla facoltà e alla sensibilità dell’esecutore.
Le variazioni agogiche indicano perciò il ‘carattere espressivo’ di un brano e sono assai differenti da quelle dinamiche, che consistono nelle variazioni delle intensità sonora. Tuttavia, i due parametri sono spesso abbinati e interagiscono variamente, tanto nella pagina scritta, quanto nel momento dell’esecuzione.
L’incipit del Preludio op 28 n 16 di F. Chopin “Presto con fuoco”
Si dicono indicazioni agogiche i diversi andamenti, dal Grave al Presto la cui velocità, da L. van Beethoven in poi è indicata da battiti del metronomo, ma che in realtà può essere diversamente interpretata a seconda delle epoche (la velocità di un Adagio di una composizione barocca è molto diversa da quella di un Adagio romantico). Queste indicazioni sono spesso modificate attraverso l’aggiunta di comparativi di maggioranza o minoranza (per es., Poco Allegro), di superlativi e diminutivi (per es., Prestissimo) o con ulteriori espressioni che chiariscano meglio il carattere del brano in questione (per es., energico, appassionato). Appartengono a questa categoria anche indicazioni di carattere espressivo come Affettuoso, Appassionato, Cantabile, Dolce ecc. Si dicono modificazioni agogiche le varie sfumature di andamento scritte (per es., accelerando, trattenendo, ad libitum) o improvvisate. Di solito per entrambi i tipi di indicazione l’italiano era la lingua internazionalmente riconosciuta, ma alcuni compositori (Beethoven, R. Strauss e gli autori contemporanei) le hanno espresse anche nella propria lingua. L’agogica musicale va distinta dalla dinamica, che consiste nelle variazioni di intensità sonora.
E anche possibile variare l’agogica più volte in un solo brano. Questo può avvenire tramite l’utilizzo di una stanghetta doppia (nel caso di cambi di tempo, o nell’ingresso di un nuovo movimento). Oppure attraverso un graduale cambio di velocità, grazie all’utilizzo di apposite figure quali :
Accelerando : Accell. _ _ _ _ _
Ritardando : Rit. _ _ _ _ _
Rallentando : Rall. _ _ _ _ _
Ulteriori dettagli consulta articolo: Agogica
Alterazioni
Le alterazioni sono dei segni inseriti davanti alle note per di variarne l’altezza.
Una nota soggetta ad un’alterazione può variare di :
- Un Tono: la distanza più grande fra due note consecutive, essa è formata da due semitoni.
- Un Semitono: la distanza più piccola fra due note consecutive.
Inoltre queste alterazioni possono essere di due tipi :
- Cromatiche : Quando il nome della nota non cambia (Do – Do#)
- Diatoniche : Quando il nome della nota cambia (Do – Re♭)
Alterazioni ascendenti e discendenti
Si dividono in alterazioni ascendenti e discendenti:
- delle alterazioni ascendenti fanno parte il diesis (♯) e il doppio diesis (♯♯ o, più correttamente,
) che sono rispettivamente utilizzati per contrassegnare un innalzamento di 1 o 2 semitoni cromatici rispetto al suono naturale. Il diesis (♯) è un’alterazione, in senso crescente, dell’intonazione della nota cui si riferisce. Il simbolo diesis ♯ scritto a sinistra di una nota la rende aumentata di un semitono;
- delle alterazioni discendenti fanno parte il bemolle (♭) e il doppio bemolle (♭♭) che sono rispettivamente utilizzati per contrassegnare un abbassamento di 1 o 2 semitoni cromatici rispetto al suono naturale. Il simbolo bemolle ♭, è un’alterazione, in senso diminutivo,dell’intonazione della nota cui si riferisce, la rende diminuita di un semitono;
- il bequadro (♮), a volte anche doppio (♮♮), è un’alterazione utilizzata per annullare l’effetto di quelle precedenti.
Alterazioni costanti e transitorie
Le alterazioni sono divisibili in altre due categorie, a seconda della durata del loro effetto:
- alterazioni costanti (cioè una o più note alterate sempre nello stesso modo) è possibile segnalarlo all’inizio della partitura; questa funzione si chiama armatura di chiave, questo perché le alterazioni vengono scritte subito dopo la chiave a inizio brano (prima del tempo) e valgono per tutta l’esecuzione, il loro effetto perdura per tutto il brano ed è valido per ogni ottava. Il loro numero permette di stabilire la tonalità del brano.
- alterazioni transitorie o momentanee: sono anteposte alla nota. Il loro effetto ha validità dal punto in cui sono poste fino alla fine della battuta per tutte le note di uguale altezza, se non compare un bequadro prima. Questo vuol dire che se io metto un diesis (♯) su un “Do” a inizio della battuta, tutti i “Do” di quella battuta saranno innalzati di un semitono. Per annullare questo effetto bisogna usare il bequadro. L’alterazione si prolunga oltre la battuta, se l’ultima nota della battuta è alterata e legata (con una legatura di valore) alla prima nota (della stessa altezza) della battuta successiva, ma decade immediatamente dopo la prima nota.
Alterazione di una nota con legatura di valore che proviene dalla precedente battuta.
L’ alterazione vale anche per le note legate con legatura di valore oltre la battuta. In questo caso scrivere nuovamente l’alterazione metterebbe in difficoltà l’interprete. E’ certo che essendo di fronte ad una legatura di valore l’altezza di entrambe le note sarà uguale.
Alterazioni di cortesia
Le alterazioni di precauzione o di cortesia sono scritte generalmente tra parentesi. Non hanno effetto reale, ma servono a ricordare all’esecutore la giusta altezza della nota nei casi ambigui o difficili. Sono utili in caso di:
- frequenti cambi tra nota alterata e naturale,
- in prossimità di cambi di tonalità,
- quando abbiamo situazioni armoniche ambigue o complesse,
- in caso di notevole distanza tra la prima nota alterata e la successiva all’interno della stessa battuta.
Alterare una nota ma con intervallo di ottava
Dobbiamo considerare che se alteriamo un si l’alterazione è posta accanto a quel si e non al si dell’ottava sopra. Ne deduciamo facilmente che l’alterazione vale solo per la nota alla quale è affiancata. Se invece la nota dell’ottava sopra la vogliamo alterata è necessario scriverlo chiaramente così come è necessario scriverlo nella stessa nota che però ha il simbolo di 8va…… sopra, perché la nota non è la stessa, essendoci il simbolo l’altezza è un’altra e l’alterazione deve essere riscritta. Per riassumere: le alterazioni valgono solo per la nota che esse precedono.
Cambi di tonalità
Nel caso di cambi di tonalità ed eventuale annullamento di precedenti alterazioni in chiave una doppia barra semplice deve precedere questo cambio. Se il cambio di tonalità è contemporaneo su tutti i pentagrammi è opportuno scrivere in modo da lasciare le alterazioni di cortesia sul pentagramma precedente e la nuova tonalità a capo.
Alterazioni in passaggi cromatici
Una regola dalla quale non si può prescindere: nelle scale o passaggi ascendenti si devono utilizzare i diesis, in scale o passaggi discendenti i bemolli. Perché questa “regola” espressa con tanta decisione? Utilizzando i diesis per salire e i bemolli per scendere eviteremo di scrivere tanti inutili bequadri. Sempre per il principio che se possiamo scrivere meno è decisamente meglio leggere (per la stessa identica musica).
Ulteriori informazioni consulta: Intervallo in senso musicale
Altezza
Uno dei 4 parametri fondamentali del suono, con il timbro, l’intensità e la durata. L‘altezza di un suono dipende dalla frequenza delle vibrazioni che lo producono (la nota la su cui si intona l’orchestra, ad esempio, vibra 440 volte in un secondo)
L’altezza è la frequenza fondamentale di una nota musicale o suono che viene percepita, ed è una delle caratteristiche principali di un suono. Proprio l’altezza indica se un suono è acuto piuttosto che grave e dipende dalla frequenza dell’onda sonora che lo ha generato. In particolare: più la frequenza di un’onda sonora è elevata e più il suono ci sembrerà acuto. Mentre più è bassa la frequenza e più il suono ci apparirà grave. La frequenza rappresenta il numero di oscillazioni al secondo che l’onda compie durante la sua propagazione. Da essa dipende l’altezza del suono: maggiore è la frequenza, più alto è il suono percepito. Più precisamente, i suoni gravi hanno una frequenza dell’ordine delle decine di Hz. Mentre i suoni più acuti hanno una frequenza dell’ordine delle migliaia di Hz. La frequenza è la grandezza su cui si basa l’organizzazione dei suoni in scale musicali e la teoria dell’armonia.
La tastiera del pianoforte razionalizza il concetto: più ci si sposta verso destra più i suoni diventano acuti, quindi aumenta il numero di vibrazioni al secondo. Più si sposta verso sinistra i suoni diventano gravi, diminuisce il numero di vibrazioni.
La posizione di un suono all’interno di una scala musicale o di una melodia indica i’altezza, determinandone così il nome. Nell’altezza dei suoni le note prendono i seguenti nomi in ordine crescente : Do – Re – Mi – Fa – Sol – La – Si . Dopo il Si segue nuovamente il Do, ma di frequenza doppia, o come si dice in gergo tecnico di un ottava più acuto.
Ulteriori informazioni → http://antoniopisacane.com/teoria-della-musica/ Suono frequenza.