Le domande che generazioni di musicisti,  e non solo, si sono posti. Come possono svilupparsi immagini sonore nella mente di un sordo? Seconda domanda: come poteva Beethoven dare la definizione perfetta e compiuta alle sue idee musicali?

     Per nostra fortuna esiste la testimonianza davvero significativa, viene riportata da un giovane musicista, Louis Schlösser, che incontrò Beethoven a Vienna più volte tra il 1822 e il 1823. ( la testimonianza si trova, ad esempio, in Sonneck 1926, pp 132-148 ) Il punto più importante è sicuramente quello in cui Schlösser, dopo aver sottoposto alcune composizioni al giudizio di Beethoven, gli chiede quale sia il suo metodo di composizione. Ecco la risposta:

Risposta di Beethoven :

        Le mie idee le porto a lungo dentro di me, spesso molto a lungo, prima di metterle per iscritto. E la memoria mi è tanto fedele che sono sicuro di non dimenticare, anche per anni, un tema una volta che l’ho concepito. Faccio molti cambiamenti, scarto e tento di nuovo finché non sono soddisfatto. Poi comincio  ad elaborare nella mia testa, allargo, restringo, spingo verso l’acuto e verso il grave e, poiché so cosa voglio, la concezione di fondo non mi abbandona mai. Essa si sviluppa,cresce, sento e vedo l’immagine in tutta la sua estensione,come di getto, così che non mi rimane che il lavoro di mettere per iscritto. Il che avviene rapidamente,a seconda del tempo che ho a disposizione, poiché alle volte lavoro a più cose contemporaneamente, ma sono sicuro di non confondere l’una con l’altra.

      Mi chiede da dove prenda le mie idee? Non posso dirlo con certezza: mi vengono non so da dove, non chiamate, direttamente o indirettamente. Potrei quasi afferrarle con le mani, all’aperto, nei boschi, durante le passeggiate,nel silenzio della notte, all’alba. Sono stimolate da stati d’animo che nel caso del poeta vengono tramutati in parole, e nel mio in suoni: risuonano, fremono, si agitano, fino a quando prendono finalmente per me la forma di note musicali.

      Come vediamo, si tratta di una testimonianza che dà quasi la sensazione di entrare nel laboratorio della composizione di Beethoven. Tentiamo di approfondire dettagliamente  tutti gli elementi del pensiero beethoveniano che Schlösser racconta.

Elementi del pensiero beethoviano

  —  La lunghezza del processo compositivo le idee portate dentro di sé a lungo, spesso molto a lungo- si tratta di una caratteristica riconosciuta da sempre come particolarmente beethoveniana. Per fare solo due esempi Beethoven  impiega quattro anni, dal 1804 al 1808, per scrivere la Quinta Sinfonia, e cinque per la Missa Solemnis. Invece Mozart scrive le sue ultime tre sinfonie in un’estate, Schubert le tre grandi sonate per pianoforte in un mese.

  — Poi la memoria, la capacità di mantenere temi, disegni, arcate formali. Un aspetto che viene naturale mettere in rapporto con la sordità del compositore. La cui relazione con i suoni trascorreva in maggior parte grazie alla memoria. Proprio la memoria diventa uno dei componenti fondamentali della poetica di Beethoven: è come se il compositore chiedesse al suo ascoltatore di condividere una parte dello svolgimento di preparazione, del lavoro e della fatica che sono serviti per creare  il brano.

 — I ripensamenti e le permanenti rielaborazioni sono un altro aspetto che possiamo vedere. In questo caso ci sono infinite testimonianze sul grado di rielaborazione che un tema poteva sottoporre nel corso del processo di composizione. In alcuni casi conosciamo almeno venti o venticinque varianti di un tema. Il tema dell’Ode alla Gioia attraverso oltre cento diversi stadi di elaborazione. La maggior parte del fascino delle grandi composizioni beethoveniane, che proseguono ad esercitare sugli ascoltatori, dipende proprio dal fatto che esse si mostrano in modo evidente come effetto di un intenso processo di elaborazione, di rifinitura, di perfezionamento, di studio della forma “adeguata” per ogni singolo dettaglio del brano. La forma musicale diventa un processo, una trasformazione, un “divenire”, una vera e propria ricerca che parte da poche semplici note che vengono gradualmente trasformate, ottenendo nuovo senso e nuovo significato musicale. L’ascolto di una composizione di Beethoven deve essere come un’esperienza, una evoluto di conoscenza progressiva.

 — La ricerca di “spazio ” nella composizione (“allargo, restringo, spingo verso l’acuto  e verso grave…”). Mai, in precedenza, le opere musicali avevano fornito una somigliante sensazione di occupazione fisica dello spazio sonoro: i pesi, i volumi,  le altezze, la profondità, i pieni e i vuoti sono indubbiamente  una particolarità distintiva della poetica di musica di Beethoven fin dalle prime composizioni.

 — La stessa frase (“allargo, restringo…”) ci fa vedere un’altra categoria del concetto beethoveniano: la opposizione espressiva, qui presentato attraverso coppie di termini opposti (largo/stretto, alto/basso). La forza eccezionale dello stile di Beethoven, la densità del suo aspetto musicale, sono molte volte acquistati tramite contrasti elementari nella struttura, nella ampiezza, nella dinamica o nella essenza strumentale: un fortissimo interrotto da un piano improvviso, un elemento nella ampiezza più acuto della tastiera a cui deriva subito una impressionante discesa nella ampiezze più grave, il contrasto autentico,senza intercessioni.

 — In seguito la illustre dichiarazione sulla“concezione di fondo”, per meglio dire l’immagine totale del brano, il concetto stilistico e il “problema ” compositivo a cui esso deve fornire risposta (l“insieme” della composizione, che Beethoven diceva di avere “sempre davanti agli occhi ”). Secondo Walter Riezler (1977, pp.147-148) la “concezione di fondo ” di un brano beethoveniano “non si identifica affatto con il suo ′motivo principale ’ , o con il ‘motivo originario ’ (…). Nell’Adagio della Sonata op.106, gli abbozzi i provano che Beethoven aveva già da tempo l’idea del brano, prima di aver trovato il tema.

 — Oltre a ciò, la capacità  del compositore di lavorare a più composizioni simultaneamente, ampiamente testimoniata dagli abbozzi oltre che ovviamente, dalle date di composizione e di esecuzione di numerosi brani. Quando aspetto può meravigliare per la diversità profonda e l’autenticità di brani scritti nel stesso periodo. A dire la verità tutti i precursori di Beethoven lavoravano a più composizioni contemporaneamente.

 — Ancora possiamo aggiungere dalla seconda parte della  testimonianza a proposito dell’ispirazione: da dove vengono le idee del compositore? Non abbiamo una risposta, ma alcuni indicazioni importanti: principalmente, il “libro della natura ” , la ben documentata abitudine del compositore di fare lunghe passeggiate solitarie in campagna alla ricerca di ispirazioni musicali. L’altro importante elemento è la “traduzione”: le inspirazioni e gli stati d’animo formano impressioni sonore, e poi note

Conclusione 

     Chiudendo possiamo dire che ciò ci colpisce di più in questa affermazione di poetica, è il fatto che Beethoven  parli pochissimo dei suoni .Questa affermazione, la più importante ed estesa che ci sia stata tramandata tra tutte quelle pronunciate dal compositore. Nella prima parte, parla dell’“immagine” e delle “idee” , ma anche della lunghezza del corso di elaborazione, della memoria, dello spazio della composizione, della purezza dei contrasti, della “concezione di fondo ”. Ci rivela delle categorie fondamentali del proprio concetto compositivo che si presentano forse per la prima volta nella storia della musica con una simile limpidezza. 

 

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