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  • “Nuovi sistemi fondamentali della tecnica pianistica”

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    Bruno Mugellini, nel suo articolo “Nuovi sistemi fondamentali della tecnica pianistica”, pubblicato nel primo numero della Rivista Musicale italiana del 1908, mette in evidenza i principali difetti della scuola italiana

         Col presente scritto desidero  trattare un argomento ben più importante ed artistico; quello della tecnica stessa del pianista che, a mio vedere, non ha più fatto dei progressi in Italia da oltre un ventennio. […] Venni io stesso educato alle discipline d’una scuola che fu gloriosa in Italia, alla quale ho portato un modesto contributo nei primi anni d’insegnamento al Liceo musicale di Bologna. E non è senza una sincera e profonda amarezza che oggi io debbo confessare come dopo vari anni di studio, di ricerche, di prove, le principali caratteristiche di quella scuola, oggi, mi sembrino completamente errate. […] possono discutersi artisti e sistemi, e combattere gli uni e gli altri, pur serbando alto rispetto a quelli che prima di noi han portato le forze del loro ingegno al progresso della nostra arte. Ed io non sento oggi meno di alcuni anni or sono la mia viva riconoscenza ai miei Maestri, pur battendo oggi una via del tutto diversa da quella ch’essi m’insegnarono […]

         Dovrò specialmente intrattenermi sopra una grande figura, gloria maggiore della nostra arte pianistica italiana, quella di Beniamino Cesi: ed ho il dovere di farlo perché esso ha fissato le sue teorie tecniche in una poderosa opera: il “metodo per lo studio al Pianoforte”. E parlerò del suo metodo e delle sue teorie didattiche con profondo rispetto, pur dissentendone formalmente.

          I principali difetti che si riscontrano negli allievi delle nostre scuole sono:

    • la monotonia del tocco,
    • la pochezza del suono […]
    • l’affaticamento eccessivo che spesso li costringe a dover interrompere lo studio per settimane e mesi, ed infine
    • la deficienza grande e veramente deplorevole in tutti gli allievi (dei primi e degli ultimi anni) d’un repertorio di pezzi pronti ad essere suonati ad ogni richiesta.

        Tutte queste cose derivano dallo stesso motivo, tutte! La tecnica pianistica basata su principi falsi.

        La caratteristica della tecnica, generalmente diffusa in Italia, si basa sopra il principio di rendere

    • le dita assolutamente indipendenti dalla mano e dal braccio, per mezzo d’una continua ed ampia articolazione;
    • nell’escludere l’azione del braccio da ogni specie di tecnica, col tenerlo immobile per quanto è possibile, in un meccanismo per l’esecuzione degli staccati, delle note doppie staccate, e delle ottave così detto di polso;
    • nella immobilità più grande della palma della mano. […]

        Da Clementi venendo quasi sino ai nostri giorni, il principio tecnico era rimasto immutato, modificandosi soltanto lievissimamente qua e là, ma fermo nella rinuncia ad ogni forza che non fosse quella delle dita indipendenti per la esecuzione dei passi legati. […] Il “guida-mani” fu applicato come mezzo meccanico per impedire al braccio di partecipare in alcuna guisa al movimento articolato delle dita negli esercizi così detti sulle cinque note; e l’esercizio delle cinque note è quello che meglio ci dimostra le mire della scuola, tendente non solo a rifiutare ogni aiuto proveniente dal braccio e dalla spalla, ma anche dalla mano stessa. […] ne venne la necessità […] di sottoporre l’allievo ad una moltitudine di esercizi inutile nella illusione di: “ottenere l’uguaglianza perfetta in quanto a forza e tatto delle dita” come si legge nell’esercizio n.3 del 1°libro del Cesi.

         Tutti i metodi e sistemi d’insegnamento basati sul criterio delle dita sempre indipendenti dal braccio (Cesi, Lebert-Stark, Kœler, Riemann, Leschetitzky) sono obbligati a cercare d’ottenere questa uguaglianza di forza nelle dita; una, questa, fra le molte ipocrisie dell’insegnamento, perché nessun maestro è convinto per davvero che possa ottenersi una perfetta uguaglianza di forza fra il pollice ed il quarto o quinto dito, senza l’aiuto della mano o del braccio. […]

         Ho già detto come la tecnica pianistica, basata tutta sull’articolazione delle dita, porti ad una uniformità di tocco veramente povera, impedisca un legato assoluto (specie nel forte), non dia il mezzo per raggiungere potenti sonorità. Vorrei che i maestri rivolgessero a loro stessi la seguente domanda: tengo io in gran cura che l’allievo, specie in principio, apprenda le molte varietà del tocco e le distribuisca a seconda dei casi che gli si presentano? Ebbene, molti, molti maestri risponderanno a loro stessi negativamente […]

         Nessuno dei Metodi che vanno per la maggiore, fa una analisi del tocco, e col sistema della continua articolazione delle dita le varietà possibili del tocco sono poche e racchiuse entro un limite angusto. […]

          Da poco più di un ventennio si è andata sviluppando in Europa una scuola nuova: maestri d’ingegno hanno cercato nuove sorgenti di progressi alla tecnica pianistica. Servendosi delle cognizioni anatomiche e fisiologiche, essi hanno ragionato acutamente sulle varie manifestazioni che all’una e all’altra cosa si connettevano. […]

         Per ottenere il legato, tutto il peso del braccio deve sempre gravitare (non per forza) sulle dita. In tal modo noi possiamo produrre il suono con tutte le dita, l’una dopo l’altra , tenendole già a contatto col tasto, senza articolarle minimamente o scaricando su ognuna di esse il peso del braccio, che essendo sempre uguale produrrà così identico suono, qualunque sia il dito del quale ci serviamo; e le differenze fra mano grassa e mano scarna saranno minime.

        Questo è quello che alcuni autori tedeschi chiamano “frei fall” libera caduta. Il suono risulta pieno e nell’istesso tempo dolce:

    • il braccio deve rimanere molle,
    • il polso deve portarsi dall’alto al basso ad ogni percussione facendo l’ufficio d’una molla, per attutire il passaggio della forza di gravità dal braccio al dito […].

        Questo il principio fondamentale della produzione del suono basato sulla inazione assoluta delle dita, e sul continuo e costante intervento del braccio: precisamente il rovescio di quanto ci venne insegnato.

         Ma […] la dita troveranno anch’esse da operare per la produzione dell’agilità, ma anche per questa lavoreranno col minor movimento articolare. L’acquisire nuovi mezzi di esecuzione non costringe a rinunciare a tutti quelli utili che noi già conosciamo. […]

        Quando ci siamo convinti d’una verità così elementare, risparmieremo molti movimenti inutili fatti prima di toccare il tasto, e lasceremo il dito in riposo appena avvenuto il suono. […]

    • Il dito deve invece rimanere sul tasto appena con la forza necessaria a mantenerlo abbassato.
    • I muscoli della spalla debbono perciò alleggerire (ritirare) il braccio, in modo che graviti minimamente sul dito appena siasi prodotto il suono.
    • Il porre il dito a contatto con il tasto prima di abbassarlo (che eresia per taluni!) ci dà il vantaggio di misurarne esattamente la resistenza, e noi possiamo ottenere sfumature che sarebbero impossibili con la pressione per articolazione. […]

        In cosa differisce la produzione del piano da quella del forte? […]

    • La differenza di suono è solo nella rapidità diversa dell’abbassamento del tasto.
    • La fonte di energia (di peso) della quale possiamo disporre, essendo limitata si modifica solo con la diversa velocità di attacco.
    • La punta delle nostre dita deve sensibilizzarsi per quanto è possibile per regolare in maniera superlativa il moto del tasto, che soltanto nella diversa rapidità con la quale s’abbassa (in una breve caduta di 12 o 15 millimetri!) produce tante, tante diversità di suono.

          Noi possiamo formare il suono quasi come negli strumenti a corda. Ciò non era possibile con i vecchi pianoforti, quando la minore elasticità del tasto obbligava l’esecutore ad una continua percussione, divenuta oggi completamente inutile. […]

         Partendo dal principio del braccio generatore del suono, ne viene di conseguenza che ogni dito dovrà disporsi nel modo più adatto per ricevere la sorgente di energia, e noi dovremo, per necessità, ondulare la mano per trasportare il peso del braccio da dito a dito, specie quando si seguano due dita lontane.

        La famosa voltata del pollice sarà di facilissima esecuzione […] In luogo dei terribili esercizi sinora in uso, ne basteranno pochi e facili di rotazione del polso e del gomito. La rotazione dell’avambraccio (pronazione e supinazione) è una delle principali sorgenti di energia della nuova scuola.

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