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La modulazione – definizione
Nell’arte l’invariabilità è un delitto imperdonabile. Sappiamo che i vari accordi, i loro rivolti, l’uso di note “accessorie”, di dissonanze ecc., sono tutti elementi che danno varietà al discorso musicale. Ma l’accorgimento tecnico più attraente e più rilevante di tutti per ottenere varietà, è la modulazione. Modulare significa passare da una tonalità ad un’altra. La modulazione rappresenta la condizione dinamica della tonalità. Il termine implica che vi sia una tonalità in cui il brano musicale inizia (tonalità d’impianto), un’altra, diversa, in cui prosegue e un processo di passaggio dall’una all’altra.
La modulazione è quindi un aspetto della forma musicale. È un elemento di varietà, ma anche di unità, quando le diverse tonalità vengono usate per raggiungere un equilibrio con la tonalità principale.
Nella teoria musicale, una modulazione è un cambio di tonalità all’interno di un brano. Può essere di due tipi:
- modulazione ai toni vicini
- modulazione ai toni lontani
Qualsiasi intervallo, melodia, accordo ecc., può essere trasportato in qualunque tonalità: così, sappiamo che esiste una relazione tra le tonalità (riferita dal circolo delle quinte) e così pure tra gli accordi. Queste relazioni hanno grande importanza per la modulazione, dato che servono a rendere il cambio di tonalità più semplice e consueto.
La modulazione è il complesso di modifiche apportate alla tonalità attraverso il trasporto della tonica di uno o più quinte verso l’acuto o verso il grave. I gradi di vicinanza delle tonalità si stabilisce facilmente osservando la posizione delle tonalità nel circolo delle quinte:
– Tonalità:
- vicinissime: il massimo grado di parentela è quello che intercorre tra le tonalità relative (come Fa magg. e Re min.), che condividono cioè la stessa armatura. Ma può essere considerato allo stesso modo anche quello tra i due modi della stessa tonalità (come tra La min. e La magg.), visto che le due scale hanno in comune la tonica, la sottodominante e la dominante (l’accordo di quest’ultima è il medesimo nei due modi);
- vicine: sono quelle confinanti nel circolo delle quinte (come Re magg. e Sol magg., o anche Re min. e Do magg.).
Le tonalità in questo rapporto sono distinte per via della nota caratteristica, che è rappresentata dalla differenza dell’armatura; ad es. la nota caratteristica tra Do magg. (e La min.) e Sol magg. (e Mi min.) sarà il Fa#, così come tra Fa magg. (e Re min.) e Do magg. (e La min.) è invece il Si naturale. Anche se non precisamente vicine, possono essere considerate allo stesso modo anche le tonalità vicine alla tonalità d’impianto del brano: ad esempio Mi minore e Re minore possono essere considerate trattate come tonalità vicine se la tonalità d’impianto è Do maggiore (questo rapporto è spesso usato durante le progressioni). - lontane: tutte le altre relazioni vengono considerate tonalità lontane, e in questo senso la relazione in assoluto più distante è quella tra le tonalità a distanza diametrale (tritono), come ad es. Do magg. e Fa# magg.
Ovviamente più una tonalità è distante da quella di partenza (nello schema del circolo delle quinte) e più sarà complesso l’impegno che gli accordi dovranno fare tra loro, percorrendo tramite le diverse alterazioni che li distanziano dalla nuova tonalità, trasformassi quindi di volta in volta e riportando il tutto molto meno diretto di quello che accadrebbe con una più vicina.
Modulazioni tra tonalità vicine
Queste modulazioni devono essere inserite con l’utilizzo della nota caratteristica o della sensibile della nuova tonalità, o per meglio dire con l’uso delle cadenze armoniche che le includono. Questi collegamenti sono tipicamente:
– V (in qualsiasi rivolto, con o senza settima) che va al I (fondamentale o in 6), o anche in cadenza d’inganno (V-VI);
– VII (con o senza settima, in qualsiasi rivolto) che va al I (fondamentale o 6);
– IV (fondamentale o in 6)-I (fondamentale o in 6)
In questa grande gamma di possibilità possiamo identificare i casi con alterazioni al basso (che può essere la nota caratteristica o la sensibile della nuova tonalità) e quelli senza alterazione al basso, che si intuiscono dal contesto, e a volte possono anche essere opzionali.
Se per modulare utilizziamo il V o il VII della nuova tonalità (accordi con grado armonico di dominante), è raccomandato di comprendere l’accordo precedente, dove il basso lo consenta, come II o IV nella nuova tonalità, così da sfruttare la successione completa delle funzioni armoniche di sottodominante-dominante-tonica, il che trasforma la modulazione molto convincente.
Nei casi migliori, e succede piuttosto spesso fra tonalità vicine, questo accordo con grado di sottodominante sarà accordo comune alle due tonalità. Verrà accorto inizialmente come facente parte della tonalità di origine, ma collegato a posteriori come se facesse già parte della nuova tonalità.
La cadenza plagale, anche quando contiene alcuna nota caratteristica, può essere a volte utilizzata per modulare.
Modulazioni tra tonalità vicinissime
Anche essendo in genere effettuate come per le tonalità vicine, questo movimento può essere semplificato e perfino non richiedere alcun procedimento speciale, mettendo le due tonalità direttamente l’una dopo l’altra (notiamo solo che il cambio di modo dal minore al maggiore è forse meno brusco che al contrario, ma sono tutti e due sempre possibili). Interpretando un basso, queste modulazioni possono essere inserite presentandosi con alterazioni al basso (e in questo caso le modulazioni si individuano facilmente) oppure senza alterazioni al basso (queste modulazioni, invece, si intuiscono dal contesto, e qualche volta possono anche risultare opzionali).
Modulazione tra tonalità lontane
Potendosi presentare in un notevole numero di possibilità, esse possono basarsi su molteplici artifici di cui è praticamente impossibile fornire una serie esauriente di casi. Tentiamo di dare qualche indicazione generale sui casi più comuni:
modulazioni:
- per cadenza evitata;
- attraverso accordi cromatici in comune (ad. es. sesta napoletana, sesta tedesca ecc., ma anche tramite cadenza piccarda e cadenza d’inganno virata al minore);
- per spostamenti cromatici applicati agli accordi;
- per accostamento delle tonalità.
(Tutti questi procedimenti, se sono buoni tra tonalità lontane, saranno a maggior ragione possibili per gradi di parentela più vicini).
Modulazione diatonica
L’accordo di tonica di Do maggiore può anche essere considerato come dominante di Fa maggiore o sottodominante di Sol maggiore. Motivo per cui la modulazione dal Do maggiore al Sol maggiore è facilmente ottenibile considerando l’accordo di Do maggiore come accordo sottodominante di Sol maggiore. Accordo che quindi trasporta alla dominante infine alla tonica di Sol maggiore. Questa forma di modulazione, in cui un accordo, con funzione di base è comune ad entrambe le tonalità – quella di partenza e quella di arrivo – è chiamata modulazione diatonica.
Do magg. Vb I Ib
Sol magg. IVb Ic V7 I
Possiamo dire che la via più semplice e naturale per passare da una tonalità ad un’altra è quella di modulare a tonalità strettamente imparentate fra loro. Come sarebbero, rispetto ad ogni tonalità maggiore e minore, le rispettive tonalità relative (maggiori o minori), la tonalità di dominante e quella di sottodominante.
Modulazioni cromatiche
Per modulazione cromatica si intende l’utilizzo di un trasferimento cromatico per far virare il discorso musicale su di una nuova tonalità.
Il tutto deve osservare delle regole ben precise e deve avvenire su gradi ben determinati per renderne gradevole il passaggio verso la tonalità di arrivo:
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Il cromatismo deve effettuarsi su gradi di spostamento come V e VII grado (dominante e sensibile)
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La voce che genera il cromatismo cerca di utilizzare gradi precisi dell’accordo come la settima, la nona o la sensibile della nuova tonalità.
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Il cromatismo risolve sempre nella stessa direzione da cui è partito.
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L’accordo alterato si comporterà (e risolverà) come la sua nuova funzione indica, confermando la nuova tonalità.
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Per confermare con stabilità la modulazione è consigliato affermare i tre gradi principali della nuova tonalità (tonica, dominante e sottodominante).
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L’uso del maggior numero possibile di note in comune fra l’accordo di parte e quello di arrivo aiuta ad attenuare l’ingresso della nuova tonalità.
Un esempio di modulazione cromatica:
L’esempio potrebbe proseguire senza molte difficoltà continuando a toccare la tonica della tonalità dì arrivo per poi avviare una nuova modulazione cromatica.
Un altro tipo di modulazione molto utilizzato è quello che presenta un salto inaspettato da un accordo in una tonalità ad un altro accordo, del tutto diverso, in una nuova tonalità. Questo procedimento comporta in solito l’uso di una alterazione cromatica. Ma anche in questo caso almeno una nota deve essere comune ad entrambi gli accordi.
Do magg. V7b I
Sib magg. V7b I
Modulazione enarmonica
In questo genere di modulazione le note (una o più) costituenti l’accordo della tonalità di partenza vengono trasformate enarmonicamente in quelle di un nuovo accordo di diversa tonalità. Di qui il nome di modulazione enarmonica. In essa dimostrano di enorme utilità alcuni degli accordi determinati: la settima diminuita, la sesta napoletana e la sesta tedesca ad esempio. Questi accordi sono enormemente maneggiabili per modulare da una tonalità ad un’altra mancante di note comuni.
Ad esempio, la modulazione da Do maggiore a Solb maggiore, che sembra molto difficile, è in realtà facile usando la settima diminuita o la sesta napoletana come fondamenti.
Do magg. V7b I
Sib magg. V7b I
Modulazione enarmonica
In questo genere di modulazione le note (una o più) costituenti l’accordo della tonalità di partenza vengono trasformate enarmonicamente in quelle di un nuovo accordo di diversa tonalità. Di qui il nome di modulazione enarmonica. In essa dimostrano di enorme utilità alcuni degli accordi determinati: la settima diminuita, la sesta napoletana e la sesta tedesca ad esempio. Questi accordi sono enormemente maneggiabili per modulare da una tonalità ad un’altra mancante di note comuni.
Ad esempio, la modulazione da Do maggiore a Solb maggiore, che sembra molto difficile, è in realtà facile usando la settima diminuita o la sesta napoletana come fondamenti.
L’utilizzo enarmonico della sesta tedesca è di grande utilità quando necessario modulare ad una tonalità posta un semitono sopra o sotto la tonalità di partenza.
Ad esempio la modulazione da Do maggiore a Re♭ maggiore e da Re♭ maggiore di nuovo a Do maggiore:
La modulazione per accordi in comune
Uno dei sistemi di modulazione più immediato sta nell’utilizzare un accordo comune a due tonalità diverse come ponte armonico, così da sfruttare quest’ultimo per il cambiamento della tonalità.
Nell’esempio sopra, possiamo osservare come la modulazione si realizza tramite di un accordo comune:
- Il primo accordo è nella tonalità di Do maggiore e conferma la tonalità di impianto (accordo di tonica, primo grado della scala di Do maggiore)
- Il secondo accordo è sempre nella tonalità di Do maggiore e compie una funzione di unità del discorso musicale (accordo di dominante, quinto grado della scala di Do maggiore)
- Il terzo accordo è comprensibile come un accordo della tonalità di Do maggiore (accordo di tonica, sesto grado della scala di Do maggiore) ma quest’ultimo può essere compreso anche come un accordo di tonica della relativa La minore, questo per il fatto che l’accordo è per natura “comune” alle due tonalità.
- Non è obbligo che il discorso musicale cambi tonalità ad ogni accordo comune, ma a questo punto il compositore si trova davanti ad una biforcatura ed è libero di prendere la direzione che preferisce.
L’esempio precedente presenta solo la meccanica grazie alla quale è possibile modificare la tonalità. Per comprendere realmente se il compositore ha messo in pratica la modulazione bisogna cercare la conferma nel seguito della frase musicale.
Ecco un esempio:
Come possiamo vedere nella seconda battuta, il secondo accordo mostra un “Sol, questa è la prova che il brano ha modulato a La minore, il Solsvolge la funzione di sensibile della nuova tonalità.
Abbiamo anche la conferma di un ritorno alla tonalità di Do maggiore a metà della terza battuta, perché il Sol non ha alterazioni ed il Si della voce più alta compie di nuovo la funzione di sensibile della tonalità di Do maggiore (in realtà risolve salendo di semitono alla tonica di Do maggiore)
Questo procedimento trova un grande significato anche fra tonalità vicine che non sono necessariamente relative fra loro (come nel caso di sopra), questo sempre per lo stesso motivo dell’esempio di prima, cioè tra loro c’è il maggior numero di accordi in comune.
Facciamo un esempio:
Questa doppia disposizione ci consente di passare facilmente nella nuova tonalità che ottiene un ponte chiaro e diretto:
Progressione modulante
Nella composizione musicale la progressione è la ripetizione di un piccolo frammento (modello) a diverse altezze. Di fatto è una forma di trasporto all’interno del trascorrere del discorso musicale. La progressione può essere utilizzata con buon risultato (e la si utilizza spesso) senza che intercede la modulazione, ma spesso è più efficiente se unita ad essa.
L’esempio dell’inizio della progressione modulante:
La ripetizione non compare di solito più di tre o quattro volte, per un ovvio motivo di varietà estetica. Eccessive ripetizioni di uno stesso frammento musicale tanto è vero creano monotonia e farebbero l’effetto di un disco che si blocca sul solco.
Ulteriori informazioni consulta articolo: Le progressioni (parte 1)